SCHELETRI, la mostra di
opere in ferro di Ugo Cordasco che si inaugura domani alle ore 19 al Teatro
Summarte di Somma Vesuviana, è la sintesi di arrivo delle sue più recenti
ricerche; l’artista ha ridotto all’essenziale - ( da cui gli scheletri delle
cose ) la materia adoperata, filo di ferro e lamierati ferrosi con cui fa appello
alle forze della natura invocando il dialogo con lo spazio.
Si avverte nella
fattispecie, che Cordasco architetto di formazione, non ha mai interrotto il dialogo
con i segni e i vettori di forze della sua scienza, li ha soltanto dislocati
nel contesto delle altre materie con cui è venuto in contatto ad un certo punto
della sua esistenza.
Egli parla sommessamente
di linee di forza, di sagome e di diagonali che racchiudono oppure limitano,
l’accesso allo spazio ( esistenziale, comunicativo - L’Alfabeto
dell’incomunicabilità ); e rigore di stampo minimalista nella cornice
concettuale dell’Arte Povera ( che rifiutava di impiegare materie solenni o
pregiate ) - mentre trasformatosi artigiano della materia,
la adopera saggiamente con discrezione,
e postosi in ascolto, come suggeriva
Eduardo Chillida, accoglie il
monito “ Ogni materia ha la sua voce, basta saperla ascoltare “.
Ma il lavoro
concettuale sulla forma non gli ha impedito di riascoltare le voci profonde
della natura e dei luoghi natii; nasce così La lavandaia ( Sarno, 2014 ) opera posta a ricordo delle
lavandaie che in quel luogo svolgevano le loro mansioni chine sulla pietra del
lavatoio, e che certamente l’artista aveva scorto da bambino.
Il dialogo con i luoghi
della memoria ancora viva sotto cenere di brace, pone il sensibile artista
nella condizione di dialogare con l’ambiente, mantenendo vive le radici
culturali che attraverso il genius loci alimentano la nostra appartenenza e il
nostro centro di gravità permanente.
Perché, ricorda Cechov
nel 1888 “ Chi conosce la scienza sente che un pezzo di musica e un albero
hanno qualcosa in comune, che l’uno e l’altro sono creati da leggi egualmente
logiche e semplici “.
Le composizioni
parietali perlopiù di piccole dimensioni, non traggano in inganno ; esse sono
il concentrato del pensiero, modelli o prototipi di utopie in cerca di verifica
e di destinazione.
Che forza questi
SCHELETRI, con la loro rigorosa e silente semplicità nativa ( “ non sublime, annotava
Zanzotto, ma nativa, a proposito della poesia, bene ambientale, che esiste allo
stato libero, come un gas, una ferita perenne “ ) .