( foto Teresa Capasso )
Si è aperta sabato 17 Giugno presso O’ Vascio Room
Gallery di Somma Vesuviana ( Na ) – Via Nuova, 1 – la mostra dell’artista greco
residente a Napoli dalla fine degli anni novanta, Telemachos Pateris – dal
titolo
" Sulla perdita della memoria “ a cura del collettivo che anima lo
spazio ( Teresa Capasso, Mary Pappalardo,Marrie Sanida ).
La rassegna dedicata al giovane artista, chiuderà
domenica 3 Luglio, con un dialogo a più
voci a cui parteciperanno l’artista, Gaetano Romano, Daniela Allocca ( sui temi
innescati dalla mostra, in contemporanea
con la festa delle crisommole ( le albicocche, mele d’oro, dal greco
chrysomelon – e con un convegno specifico sulla crisi del commercio di questa
specie, che su queste terre vesuviane vede impegnati generazioni di addetti ) .
Tutto questo nell’antico
Borgo del Casamale, dove sopravvivono mai spente sotto cenere di brace, antiche
memorie e riti connessi al ciclo delle stagioni ( di cui si fa carico
periodicamente la Festa delle Lucerne ) .
Il lavoro dell’artista greco ( sculture in ferro,
specchi, calchi, performance ) sembra essere affine per certi aspetti, alla
corrente dell’Arte Povera ( di cui certamente un altro greco, Kounellis
recentemente scomparso, è stato un sommo esponente internazionale, molto legato
a Napoli per mostre memorabili, e per opere pubbliche installate ) - prende avvio dalla constatazione
dell’esistenza di un nemico invisibile che si aggira tra di noi.
E’ una grave patologia a cui hanno dato nome di
malattia di Alzheimer, ed è subdola perché cancella giorno per giorno i ricordi
che ci sono più cari, a cui non possiamo
non essere legati, provocando danni cognitivi ingenti.
Pateris, con la sua arte ( che si avvale di un
approccio multidisciplinare ) intende costruire, supportato dalle sue analisi
profonde, in cui convergono discipline quali filosofia, archeologia, e saperi
recenti come la filosofia analitica – un argine contro la perdita della
memoria; vuole allestire un museo dove ciò che si cancella venga nuovamente
ripreso e raccontato, come un episodio accaduto in Russia durante il periodo
della rivoluzione bolscevica dimostra - quando la poetessa Anna Achmatova, che recatasi ogni mattina
davanti al carcere per avere notizie dell’unico figlio Lev ( il regime gli
aveva già imprigionato e fucilato il suo ex marito Gumlev, straordinario poeta
) – riconosciuta dalle altre madri, sorelle, mogli, compagne dei reclusi,
gridarono in coro, a gran voce - “ Lei potrà
dirlo, potrà farlo sapere al mondo “.
Quindi il potere del racconto come testimonianza,
come fonte del diritto, come afferma Roberto Saviano, e all’inverso, non
raccontare è come mettere in discussione il diritto.
Partendo dalle vicende della sua famiglia di
origine, dal padre acuto ingegnere civile ridotto ad aggirarsi disorientato nei
palazzi da lui stesso edificati perché affetto dall’Alzheimer, alla nonna
materna, che vide scomparire il padre e il fratello negli anni 30, che partiti a cavallo con i cani per la
caccia, non ritornarono mai più alle loro case, e furono ritrovati fucilati a
giacere per terra, primi martiri della pulizia etnica nascente in quell’area
del Mediterraneo, l’artista dipana e mette in scena una suggestiva e toccante “
cerimonia degli addii “ – con l’ausilio delle poche e sintetiche opere in ferro
smerigliato e reso lucente dalle abrasioni delle spazzole, costruisce un
toccante percorso in cui si incrocia la cultura della sua terra d’origine, le
migrazioni dei popoli nel bacino dell’Asia Minore, le pulizie etniche attraverso
la storia, i pogrom sanguinari, e l’affetto dolente mai spento per le sue
origini e per i suoi cari nella lontananza.
Epigrammi ricostruiti attraverso il ricordo e le
testimonianze orali, l’uso dello specchio ( fortemente esoterico da occultare
con lenzuola in caso di lutto “ l’immagine del defunto non deve riflettersi,
come osservava anche E. De Martino in La Terra del Rimorso – “ terra del
cattivo passato che torna e opprime col suo rigurgito “ e in
Sud e Magia ) e altri passaggi (
incursioni ? ) inducono ad accostarsi alle opere del giovane artista greco, e
soprattutto dopo averlo ascoltato in dialogo, con profonda sintonia e complice adesione agli
attraversamenti concettuali soggiacenti alla sua ricerca.