Sabato 20 Maggio al
Kouros di Aversa è stata inaugurata la mostra personale dell’artista spagnolo
Gines Vincente Fernandez, classe 1970, curata da chi scrive dal titolo “ Natura
passata e futura “, una riflessione come suggerisce il titolo stesso, sulla
percezione della natura da parte dell’artista, di memorie sedimentate, ricordando
quanto annotava Picasso - che affermava “ Dipingere è il mestiere di un cieco,
egli non dipinge ciò che vede, ma ciò che dice a se stesso su ciò che ha visto
“.
E chissà cosa ha visto
Gines Vincente, e tenuto segreto sotto cenere di
brace, sotto i cieli di Spagna con il sole a picco sulle cose.
Il centro di gravità di
queste opere, che l’artista dichiara essere del suo ultimo ciclo di impegno
(circa sei anni ) è nella forza dei
colori e nella tecnica magistrale ( disegnativa ) posseduta dall’artista; piccole campiture di colore come impronte
tracciano una geografia emozionale di stampo surreale.
L’artista calca la
mano, slarga le immagini come un ingrandimento determinando l’innescarsi di
riflessioni sul futuro del pianeta; migrazioni climatiche ed innalzamenti delle
temperature terrestri sono le nuove frontiere della paura e del pericolo su cui
confrontarsi, se al Polo Nord, stando agli ultimi rilevamenti cresce il
muschio, vorrà dire che qualcosa di abnorme sta accadendo.
Gines Vincente abile
artefice del disegno, non dimentica che l’uomo può rimanere schiacciato e messo
da parte nei processi industriali disumanizzanti – dai frutti dipinti emerge la
natura compromessa e minacciata delle cose ( scorie e veleni seppelliti? – le
nazioni e le geografie narrano un rosario di croci ) e nessuna terra è immune.
Confrontarmi con le
opere di questa mostra, così diverse dall’immaginario visivo a cui sono
avvezzo, anche per me è stato felicemente produttivo – le nature viventi
proposte dall’artista spagnolo che idealmente torna sulle terre dei vicerè dopo due secoli di dominazioni, trovano
nuove valenze di significato - e per le terre casertane e napoletane, calpestate maldestramente, altri orizzonti tornano ad
intravedersi, i cui riferimenti si
addentrano nel magma simbolico dell’occidente mediterraneo.