La mostra-performance
dell'artista Vincenzo De Simone alla Galleria AREA 24 SPACE di
Napoli, inaugurata a fine Settembre, dal titolo “ Nato “ o forse,
per meglio dire, “ rinato “ ritornato alla vita nuovamente, è a
tutti gli effetti un evento performativo“sui generis “- in cui
sono confluiti vari medium espressivi: corpo, medicina ( intervento
del prof. Antonio Ascione, epatologo di chiara fama, dott. Enzo
Battarra, dermatologo e critico d'arte casertano ) fotografia (
Giovanni Ruggiero, Dario Lasagni ) pittura e grafica, dal momento che
è stata editata specificamente per l'appuntamento di Napoli, una
cartella in 100 esemplari ( edizione disparidispari project )
contenente testi e foto, il cui ricavato sarà devoluto in
beneficienza.
Subito è apparso
evidente la preponderanza del corpo rispetto agli elementi confluiti
a latere dell'azione; il corpo ( dell'artista ) richiama tutte le
frecce sul suo bersaglio, poligono dove si scatenano varie forze
pulsionali ( dissidio irresolubile, tra eros-thànatos ) che
l'artista estrapola dalla sua personale vicenda di vita ( malattia e
attraversamento della malattia ) per poter articolare un progetto di
futuro nell'orizzonte d'attesa della consapevolezza che rintraccia
nelle proprie origini, luogo natio, radici e territorio, la linfa
necessaria, la sola capace di rinascere alla vita dopo aver
attraversato l'esperienza dell'assenza, della caduta, e del dolore –
e trova così giustificazione, quanto annotava il compianto Giorgio
Cortenova laddove segnalava che “ l'arte è ferita, se non è
ferita non è arte “.
Le ferite di De Simone
non sono però autoinferte, come per gli artisti della body art, che
assecondavano lucidamente il proprio progetto estetico-visivo, e che
attraveverso tagli e mutilazioni
offrivano la mappa
vivente esperibile del proprio corpo, ma frutto di patogenesi, e come
tali vissute.
Opening corale e
affratellante dunque, e folla enorme di amici ed estimatori
dell'artista, che vanta un curriculum di grande riguardo, a partire
dalle sperimentazioni della a-pittura, smaterializzazione dell'opera
e dell'intervento dell'artista, pittura di luce, prodotta con abile e
sapiente manipolazione del retro illuminato del quadro, all'intensa
fase degli anni settanta, coincidente con la sua docenza alla Scuola
Media G. Pascoli di Cicciano ( lavoro antropologico sui contenuti
della cultura rurale del bacino nolano-vesuviano, e coinvolgimento
pieno degli alunni e delle loro famiglie di provenienza ) - nonché
svelamento delle forme favolistiche-demoniache sedimentate nella
memoria, fino alle opere struggenti (i gessetti del Suicidio per
amore, Non c'è grano da battere ) che lo imposero in rapida
successione all'attenzione della critica e dei musei europei.
Significativa la sua
partecipazione nel 1976 alla Biennale di Venezia ( curata da Enrico
Crispolti – Ambiente come sociale - nel quadro delle esperienze
raccolte e esperite sul territorio anche con il contributo di altri
artisti e operatori, con alunni e figure del mondo rurale.
Gli anni più recenti lo
vedono attento soprattutto al rapporto dell'artista con il vissuto
del tempo, che ricorda la filosofa spagnola Maria Zambrano, “ è un
abisso che dura alla superficie “ - dove l'artista incrocia
per lunghe stagioni
l'esperienza della sofferenza e dell'attraversamento della malattia (
sviluppando un nuovo fulcro concettuale imperniato sull'arte e
fratellanza dell'arte – nonché guarigione indotta dalla feconda
esperienza conoscitiva e sensoriale del fare arte ) - temi di ampio
spessore su cui ci sarà da approfondire e riflettere intensamente,
per comprendere praticabilità delle ipotesi e affaccio di nuove
ardite configurazioni esistenziali dell'artista.
Sabato 8 Novembre alle
ore 17, al Museo Civico di Roccarainola, paese natio dell'artista,
con cui conserva gelosamente rapporti ( di distanza in quanto vive in
Emilia Romagna, e al contempo di struggenti radici mai spente sotto
cenere di brace,e ricordi di amici, tra cui il compianto artista
Camillo Capolongo recentemente scomparso, e su cui occorrerà fare
luce, e incontri con critici e intellettuali, e azioni svolte nello
scenario di una vita sempre alla ricerca dei nodi concettuali più
vivi legati alla sua terra ) - Vincenzo De Simone replicherà ( con
altre varianti e innesti su registri sempre diversi ma non in
antitesi ) la performance “ NATO “ e soprattutto “ Nato a Rocca
“.
Il suo lavoro e le
vicende che hanno contraddistinto i suoi attraversamenti linguistici
ed espressivi, forse possono trovare sintesi nelle parole di Edmond
Jabès, laddove afferma perentorio - “ io sono alla ricerca / di un
uomo che non conosco / che non è mai stato tanto me stesso / come da
quando lo cerco “.