
Domenica 18 Settembre, alle ore 11, presso il MAC – Museo Civico d’Arte Contemporanea di Capua, in collaborazione con il Ritrovo dell’Arte di Acerra, sarà inaugurata la mostra personale dell’artista Mimmo Fatigati.
Il catalogo edito in occasione della mostra, annovera i contributi critici di Giorgio Agnisola, Massimiliano Coppola, Michele Laudanno, Rosario Pinto, e del filosofo Aniello Montano.
La mostra di Fatigati si offre come utile occasione nella provincia di Caserta per conoscere il lavoro paziente e metodico che da anni l’artista acerrano svolge sottotraccia.
Le sue elaborazioni plastico-pittoriche, per così dire, interessano vari piani di interessi; la pittura, l’arte plastica, la composizione architettonica, per indicare soltanto alcuni dei segmenti del vedere, che incrociano questa serrata ricerca di Fatigati, che parte sulle orme storiche della Optical Art, dell’astrattismo geometrico, e di quelle correnti che nel secondo Novecento, hanno investigato il rapporto del vedere, della percezione, dei cromatismi e delle infinite “ trappole “ che si annidano sul piano di superficie.
Si tratta in sostanza di una ricerca iniziata alcuni decenni or sono, che partita da quegli assunti di cui sopra, ha sviluppato nel tempo sue originali e significative diramazioni, concentrandosi sulle estroflessioni della materia ( carta, plexiglass, altri materiali eterocliti ) che toccano numerosi frangenti della plasticità, del volume, dell’accrescimento dei corpi, inseriti in un robusto bagaglio cromatico, che declina molteplici valenze di senso.

Perché il colore resta l’elemento fondante di questa ricerca, che accoglie ed intercetta il geometrismo di forme accuratamente cercate, che ricordano quanto nella natura circostante, nella natura dei luoghi che abitiamo, le forme sono dentro le cose, come ricordava nei primi anni del novecento Cèzanne “ ricordatevi di trattare la natura attraverso il cono, la sfera ….. “ – Fatigati attraverso le vie moderne della riflessione e delle ricerche dei tanti artisti che hanno riflettuto intensamente su queste problematiche, e sono tanti, si è posto sulla scia, rinnovando il contesto, l’opera sua infatti appare complessa e problematica, ed invita a ben guardare il fruitore, che solo dopo attenta osservazione riesce ad entrare nei singoli elementi costitutivi dell’opera.
C’è necessità di un paziente guardare, per districarsi nel groviglio delle immagini, nelle attente e minuziose atmosfere raffreddate dall’uso di colori dai gradienti in contrasto ( chiaro e scuro, luminoso, opaco ) dove il colore si posa sulla superficie e ferma il tempo e lo spazio.
Taluni colori adoperati, come il viola, nell’antitesi caldo-freddo, incrociano i rossi, i neri, i verdi, alimentando una fiammata del visivo che successivamente ci riporta invece, in altre opere, agli esterni geometrici dei palazzi, alle sporgenze e rientranze degli affacci degli edifici su cui si concentra l’attenzione degli architetti, nelle fasi progettuali e compositive del loro operare.
Ma queste opere, dal mio osservatorio, sono anche nel contempo, luoghi allusivi, “ città invisibili “ luoghi spersi della memoria, della rinascenza, tra algide derive di radici recise dalla modernità vorace che ha cancellato per sempre dal nostro immaginario, casolari di tufo, portali di pietra, muri sbrecciati e consunti dal tempo, il rumore della ruota del carro sul selciato, i passi stessi dell’uomo, come annota con una felice immagine il filosofo francese Merleau-Ponty – “ A ogni movimento degli occhi che frugano lo spazio di fronte a me, le cose subiscono una breve torsione che io imputo a me stesso; e quando cammino per la strada, con gli occhi fissi sull’orizzonte della case, tutto ciò che nelle vicinanze mi circonda sussulta a ogni rumore del tacco sull’asfalto, poi si assesta nel suo luogo “ - .
Un vuoto o un delirio del vuoto in cui l’uomo teme di perire perché definitivamente privo di radici, in transito tra i “ non-luoghi “ di cui parla Marc Augè.