

Ancora una volta dopo sessantacinque anni il nucleare ha messo in ginocchio il Giappone; allora dall’aereo chiamato Enola Gay per la prima volta nella storia fu sganciato un ordigno nucleare che causò circa trecentomila vittime; negli anni successivi sarebbero state tantissime ( non esiste un conteggio aggiornato ).
La medicina ufficiale era impreparata davanti a quelle devastazioni causate dall’enorme calore sprigionato dalla fissione nucleare, e i feriti poi morenti, vagavano impazziti in cerca di aiuto.
A fine conflitto, il Giappone non ancora deponeva le armi, e l’America non si fece scrupolo di usare una arma che solo a pensarla dovrebbe causare crisi e corti circuiti mentali.
Anche allora vinsero come sempre i falchi.
Archiviata nel dolore e nella sopportazione tipica delle genti del sol levante la terrificante esperienza per masse enormi di civili, arriva in questi giorni frementi sotto cenere di brace, una tragedia causata dallo stesso terribile materiale atomico che molti governi europei e mondiali non esitano a presentare come indispensabile per le centrali atomiche, da costruire ovunque, per pagare il caro prezzo di un modello di sviluppo anomalo, malato nei suoi fondamenti - quando la più sofisticata ed evoluta scienza dell’Asia non è riuscita a prevedere l’imprevedibile.
L’atomo impazzito ha detto basta, stufo di essere imprigionato in stanze blindate, ha rotto ogni protezione e ora viaggia sulla rotta dell’aria e dei venti nell’atmosfera.
I vecchi giapponesi ottantenni e novantenni ancora in vita, stanno rivivendo in presa diretta ciò che credevano appartenesse al passato.
Ma il passato talvolta ritorna, e nonostante questo l’uomo non ragiona, per assecondare assurdamente un progresso che miete ogni giorno sempre più vittime.