

Il filosofo Umberto Galimberti, rispondendo ad un lettore sulle pagine di Donna, che gli manifestava tutto il suo sconcerto per la facilità con cui si inquina, si insozza e si deteriora l'ambiente in cui viviamo, nonostante egli da buon padre, avesse educato i figli sempre su questa linea di rispetto dell'ambiente - chiama in causa l'assenza di una morale che si faccia carico degli enti di natura.
Dice in sostanza Galimberti, da acuto indagatore delle più sottili questioni; che in effetti si guarda alla terra solo come materia prima da uitilizzare e sfruttare, non come luogo da rispettare perchè abitato dagli uomini. A questo proposito cita Platone, dove afferma " Non pensare o uomo meschino che questa terra sia stata fatta per te. Tu piuttosto sarai giusto se ti aggiusti all'universa armonia" ( Leggi, 903c). Per ribadire che non proviene dall'antica Grecia questo modo di pensare, in quanto in quella antica cultura, dalle leggi immutabili della natura dovevano trarsi gli insegnamenti necessari per ben governare " secondo natura " - ma bensì dal pensiero della tradizione giudaico-cristiano, secondo il quale Iddio consegna la natura nelle mani dell'uomo affinchè questi " domini sopra i pesci del mare, gli uccelli del cielo, gli animali domestici, le fiere della terra " ( Genesi, 1,26 ) - e questo lascito o dominio, percorre l'intera storia dell'Occidente, finendo, secondo Galimberti, non solo per caratterizzare la morale cristiana, ma anche quella " laica " in un certo senso, rappresentata dal filosofo della ragione e della razionalità Kant, che ricorda in passaggi decisivi del suo pensiero, che " l'uomo è da trattare sempre come un fine e mai come un mezzo ".
Ma proprio questo, argomenta Galimberti lascia aperto un vuoto gravido di conseguenze, costituito dalla libertà di poter considerare tutto, ad esclusione dell'uomo, un " mezzo " - e così siamo giunti ai giorni nostri, che ancora scorrono sotto cenere di brace, dove malfattori, affaristi, camorristi, mafiosi, e altri simili a loro, sotterrano impunemente bidoni di veleni e scorie di lavorazioni pericolose ( concerie, tintorie, e altre lavorazioni industriali ) senza nessun peso sulla coscienza e con l'occhio rivolto alla borsa.
Se dunque non compare una nuova morale, capace di inglobare gli enti di natura, e tutte le sue numerose diramazioni, non sarà possibile avanzare di un passo.
Lo sconcerto e la disapprovazione, nota ancora il filosofo, ci prende e ci assale per reati quali la violenza sessuale, le rapine, gli omicidi, davanti a cui non possiamo trattenere il nostro sdegno, ma non scatta allo stesso modo, come sarebbe giusto e pensabile, davanti a veleni scaricati nell'atmosfera, a fusti letali per le falde acquifere e per i campi coltivati a ortaggi sopra un letto di veleni - così facendo, conclude, stiamo mettendo a rischio insieme alla terra dove poggiamo i piedi, la nostra stessa esperienza di vita.
Come dargli torto.