

Si intitola “ Memento “, la mostra di Giovanni Ruggiero, giornalista e inviato speciale del quotidiano Avvenire, al Belvedere di San Leucio di Caserta, aperta al pubblico dal 9 Ottobre, curata da Enzo Battarra, dove espone per la prima volta i suoi lavori visivi, dopo aver girovagato per il mondo e visto altri continenti, sempre con la sua inseparabile macchina fotografica tra le mani, ha per così dire, fotografato i suoi tormenti esistenziali, dopo il trapianto di fegato subito nel 2005.
Di cui è testimonianza il libro “ Abbiamo vinto insieme “ scritto a quattro mani, con l’epatologo Antonio Ascione, che lo ha assistito e guidato lungo il difficile percorso della malattia, poi culminato nel trapianto.
Ha occhi profondi e interrogativi, Giovanni, che ti scrutano dentro; vuol esser certo che il suo sguardo ha penetrato il buio del silenzio e perforato la corazza che ci protegge.
E’ abituato a farlo, deve farlo, il suo mestiere di giornalista in giro per il mondo lo ha reso avvezzo a scoprire le cose prima con la vista, e poi penetrando in esse, scriverne le storie.
Sono tante bacheche che Giovanni ha concepito con la luce negli occhi, vagando con lo sguardo dentro terre straniere; ma tutte le terre si assomigliano, hanno sempre radici profonde, come la sua – tra Napoli e Caserta – hanno anche in comune certe espressioni della religiosità popolare, sorta di ex-voto, che puoi trovare nel Messico, ma ti sembra di stare dalle tue parti, perché fede e devozione, e culto delle immagini sacre si rincorrono ovunque, sempre, con le loro storie sotterranee.
Di edicole votive, di santi protettori, di madonne comprensive e benigne, ma anche di pene taciute, non dette, serbate e gelose nel reticolo dei giorni che scorrono.
Così, vagando tra se stesso e tra le immagini a lungo conservate, ha dato alla luce un itinerario visivo fatto di opere che stanno tra pittura, fotografia, e assemblaggio plastico di materiali eterocliti, che dicono della sua tensione ad incorporare dentro l’oggetto dell’arte, nel suo statuto linguistico, i segni e le cose, e molti passaggi decisivi della sua esistenza.
Gli accadimenti e le storie vissute, viste da vicino durante il suo girovagare per il mondo, hanno fatto di lui un serbatoio di storie per immagini, poi tradotte nelle parole che servono a dire del mondo, integrando in un mix di voci narranti, scrittura e visione.
Tèche della memoria, si aprono con gesto rapido e risolutivo della mano destra; scorre un fiume di immagini urticanti, di segni e di cifre, di matite colorate ben appuntite, che servono all’autore a ricordare che “ la storia non è una mappa catastale del passato “ un grande scacchiere con re e regine incasellati in spazi definiti, ma materia incandescente che riposa sotto cenere di brace.
La storia è scritta dagli uomini. E le pagine che non vorremmo leggere e le immagini che non vorremmo vedere sono molte, tante, troppe.
All’incrocio dei saperi, l’artista fiuta nuove piste – dove la mano smette di scrivere lo soccorre un serbatoio di immagini e di emozioni a lungo coltivate; nascono nuovi transiti, sulle rotte di un bisogno mistico molto profondo, Ruggiero scopre e pratica la cultura delle arti visive come la più idonea a smascherare il fantasma che lo abita.
Utile e prezioso il collage di immagini, di fotogrammi strappati all’usura del tempo, a descrivere ancora attraversamenti decisivi nella sua vita di uomo e di giornalista., di scrittore di storie per i lettori, da molti paesi della terra, che conservano, invisibile, il filo comune delle condizioni di vita e di religiosità popolare, che l’occhio attento di Ruggiero, fissa in immagini di notevole profondità.
Ruggiero, fa sue le parole di Lucrezio, quando annota “ che la vita non è data in possesso ad alcuno, ma in uso a noi tutti “ .