
Il viaggio di Angelo Vassallo verso l’aldilà, è iniziato; salutato da tanti, tantissimi giovani, accorsi da tutte le regioni d’Italia, e soprattutto dal Sud, in una mattinata ventosa e gravida di pioggia; dal porto di Acciaroli al cimitero di Pollica, affacciato verso il mare.
Ha ricevuto saluti corali, nessuno si è dimenticato di lui, del suo impegno civile a favore del suo territorio; ognuno ha voluto esserci, ognuno ha voluto testimoniare con la presenza, o con le parole come faccio io in questo momento, la rabbia e la disperazione, il vuoto e l’abbandono.
Ciascuno ci mette il suo.
Non potendo fare altro, io ci metto una sequenza di parole, di frasi che si fissano sullo schermo bianco del pc, con cui da tempo, mi misuro con la realtà che ci inghiotte.
Smontato il palco, caricate le sedie, spente le voci degli oratori, ripartiti i pullman e le auto, lacerati dal vento e dalla pioggia i manifesti con la sua effige, Angelo Vassallo entra nella storia recente di un Sud, un nostro Sud, ancora lacero e ferito.
Il regista Martone ha girato molte scene di “ Noi credevamo “ proprio a Pollica e dintorni; partiva da qui secondo la sua ricostruzione vista dalla parte di tre giovani cilentani, la riscossa e la fede negli ideali risorgimentali per l’unità d’Italia.
Il primo cittadino di Pollica non ha potuto essere presente a Venezia personalmente, ma sono certo che era molto felice perché una parte dei luoghi a lui più cari, sono entrati attraverso la stratagemma del cinema, in una grande storia, di luoghi, di uomini, di sentimenti, di radici.
Ora, il secondo tempo.
Nessuno spenga le luci, nessuno abbassi la guardia, come è stato detto e ripetuto in queste ore concitate di allarmi, ma l’attenzione resti alta, le luci opache diventino luci di trasparenza.
C’è bisogno di sapere e di capire, di sventare trame e progetti occulti ai danni del territorio, e sbarrare la strada ai loschi figuri.
L’autunno che si annuncia con pioggia e sole velato, con nostalgia per il dolore della perdita, nel volgere dei mesi più freddi dell’inverno, quando il mare di Acciaroli è più bello e terso, scivolerà lentamente verso la primavera, e dalle colline di Pollica arriveranno i sentori dei mandorli e dei ciliegi, e nella furia del tempo che fa di noi ciò che vuole, arriverà di nuovo l’estate con la sua luce meridiana a rischiare le cose, allora e solo allora, di nuovo, sopito sotto cenere di brace il dolore riprenderà a pulsare come un cuore impazzito.
Per ora è tempo dell’attesa.