

Festa delle Lucerne 2010, ancora luci tremolanti che si perdono nella profondità di forme geometriche; quadrate, circolari, triangolari, nel viluppo di budelli antichi come la festa, che ogni quattro anni rinnova l’appuntamento con la vita degli abitanti l’antico Borgo Casamale.
E’ soprattutto festa della natura, dei campi coltivati alle pendici del Monte Somma, in onore della Madonna della Neve, dal 5 al 7 Agosto, quando la vita del rione si popola di antiche storie; all’incrocio dei vicoli è sempre imbandita una tavola, dove siedono festosi e ridanciani uomini di fatica contadina, con belle brocche di vino rosso piene di fette di gialle percoche.
Le lucerne ardono a più non posso, e tutte insieme inneggiano alla natura, alla vita e alle stagioni che sempre si rinnovano, alla fertilità della terra, ma anche alla vita di uomini e donne, ai piaceri del corpo ( cibo, sesso, gola ) da rendere pubblici attraverso canti a fronne’, prima declamati a voce alta nei campi e poi nel mezzo di feste popolari, dove cadono e si abbattono tabù e divieti.
Festa pagana, e tempo sospeso.
In questi canti sempre ricorrono storie di amori e belle figliole, di nascite, di eventi connessi al ciclo delle stagioni dove la vita stessa dei contadini prende a scandire il suo tempo attraverso le modulazioni della natura; non sempre benigne, perché la natura è anche sciagura, dolore, catastrofe, penuria, morte.
La sagoma del Vesuvio si erge alle spalle della montagna; è custode severo, è bocca di fuoco, è morte, rovine, vita che rinasce, vitigni che ancora allignano nel terreno lavico.
La natura delle genti vesuviane è pervasa di pericolo; intorno al Monte Somma e al Vesuvio negli anni l’esistenza dei contadini a contatto con una geografia dei luoghi aspra e nello stesso tempo fruttifera, si è popolata di forme arcaiche che celebrano i frutti della terra; pomodori lavorati e appesi in straordinarie forme, pesche e percoche profumatissime, uva da cui trarre vini pregiati come la catalanesca, artigianato sapiente di attrezzi agricoli e di strumenti musicali ricavati con recipienti che producono suoni tumultuosi, nacchère, che innescano balli sensuali che preludono a corteggiamenti e amori.
La folla è sciamante, i vicoli sono zeppi di uomini, donne, bambini; l’amico invita l’amico, un passaparola che arriva ovunque – gli antichi portoni dei palazzi si schiudono; si mostrano e si offrono prodotti espressione del luogo; miele, frutta, e vino, tanto vino, nessuno rinuncia ad avanzare senza un bicchiere in mano, oppure con una focaccia cotta nei forni a legna.
Lo stoccafisso si degusta volentieri, è prodotto che ha reso celebre Somma Vesuviana ovunque; ogni casa si apre, ogni cantina o basso è aperto per mostrare – i ricami arte antichissima delle donne sommesi dalla mani d’oro e dalla vista che si consuma nell’ordito, fanno bella mostra.
Nessuna ragazza si sposa se non ha preparato il corredo nuziale provvisto di lenzuola ricamate e di coperte finemente lavorate; occorrono anni di fatica e sacrificio.
Nel vortice tumultuoso del contemporaneo sopravvive una oasi di tradizione dove il ricamo è arte tramandata da madre in figlia; piccole scuole del rione vedono una “ maestra “ attorniata dalle allieve che rubano con gli occhi la sapienza antica di questa arte.
Nel Borgo del Casamale si erge maestosa
Si conservano, ancora visibili resti di Mura Aragonesi.
E così anche io mi lascio rapire dai colori, dagli odori, dalle fiammelle tremolanti di queste mitiche lucerne, dove brucia olio d’oliva, dove lo sguardo si perde nella profondità delle installazioni; la luce delle lucerne disegna arabeschi di forme, mentre lo sguardo arranca per arrivare fin dove le luce penetra nei vicoli.
Gli specchi, alchemici, aiutano la fuga dello sguardo a perdersi nel buio della sera.
Sono notti scacciate più in là: il Borgo è in pieno fermento di vita, tanti i giovani che hanno contribuito a preparare i vicoli per la festa, tutti collaborano, nessuno si sottrae, la festa è di tutti, ciascuno cerca di lasciare il suo segno.
Felci, rami di castagno, verzure, adornano il Borgo, mentre le grandi zucche, con forme di occhi, bocca e naso, svuotate all’interno si illuminano di piccole lucerne.
Convive antico e moderno – l’architettura delle case vive all’incrocio di ciò che è stato, conservando le memorie del passato nelle facciate e negli antichi portoni, corti di palazzi gentilizi, e l’alta marea del nuovo che avanza, talvolta con gusto e misura, talvolta con azzardi dissonanti.
Conservare le memorie e i segni del passato, le proprie radici, costa molto; prima che scompaiono i vecchi abitanti e i contadini vecchissimi, bisogna strappare dalle loro labbra serrate storie e narrazioni, frammenti del passato che ancora galleggiano simili a relitti sulle acque, per il presente magmatico e incerto.
Nessuno spenga le lucerne.