
Ricorre il centenario del Futurismo, il movimento che negli anni che precedettero la I Guerra Mondiale rappresentò per l’Italia giolittiana e borghese, una ventata di giovinezza, e un profondo svecchiamento delle pratiche dell’arte, che interessò tutte le arti; poesia, letteratura, arti visive, (pittura e scultura ) musica, architettura, costume, e anche la cucina, che sperimentò per la prima volta, arditi accostamenti.
Il verbo futurista, per opera di Filippo Tommaso Marinetti, che ne fu l’ideologo e il portabandiera, si propagò con la velocità della luce in Europa, arrivando anche nella fredda Pietroburgo degli zar di Russia, dove fece proseliti e ricevette l’investitura ufficiale da un artista del calibro di Majakovskij, che pur polemizzando a lungo con Marinetti, riconobbe la matrice italiana del movimento.
Mentre accadeva tutto questo, e spirava il vento dei nazionalismi che avrebbe portato al disastro e alla carneficina di milioni di uomini, in Francia, a Parigi, dove erano diretti tanti artisti, molti soprattutto pittori, ma anche poeti, mercanti d’arte, mecenati, fioriva il genio di Amedeo Modigliani, estraneo al Futurismo, ma anche al Cubismo allora nascente.
Innestato sul ceppo francese, Amedeo Modigliani, nel volgere di un decennio definì il suo stile unico e inconfondibile, bruciando la sua giovane esistenza tra stenti e fughe in paradisi artificiali.
Giunse a Parigi la prima volta nel 1906, e vi si stabilì definitivamente nel 1909; era nato a Livorno nel 1884, e aveva cominciato a dipingere da giovanissimo, per vincere la noia di una lunga malattia polmonare, che lo aveva spinto a prolungati soggiorni al Sud d’Italia.
A Venezia si iscrive all’Accademia, frequenta poco, gironzola per la città lagunare affascinato dai mosaici di San Marco e dalle pitture del Carpaccio.
A Firenze gli amici lo ritengono un dilettante; in effetti prima del 1909, non aveva fatto nulla di rilevante, ma aveva l’animo di farlo, come scriverà in una lettera all’amico Oscar Ghiglia.
A Parigi la temperatura dell’arte è forte, maturano proprio allora i germi, e gli incontri decisivi saranno Cèzanne, lo scultore rumeno Brancusi, le maschere negre ( tra gli anni 10 e 14, si dedica intensamente anche alla scultura, marmo e legno ) la presa visione della pittura di Picasso, di cui rispetta la genialità.
Acquisizioni che matura in pieno cubismo, che assimila in maniera stringata, quando la sua pittura diventa progressivamente definitiva.
Si definisce il suo stile; immagini racchiuse entro una linea sinuosa, ma energica, con un forte risalto di colori, una tendenza allo slancio verticale e una deformazione espressiva contenuta con elegante misura entro le preziosità comuni allo stile Liberty.
Figure affilate, dal lungo collo, gli occhi senza iride, sono dipinte da lui con l’affetto di chi condivide un destino avverso: ragazze di quartiere, operaie, compagne di una notte.
Gino Severini, tra i protagonisti del Futurismo, e molto attivo sulla piazza parigina, che lo conobbe appena arrivato a Parigi, parla di lui come di un bohèmien inquieto e affascinante.
Abita a Montmartre, e poi a Montparnasse, negli anni folli dell’ultima bohème parigina, legge Petrarca e Dante, veste abiti di velluto.
E’ bello di una bellezza tutta italiana, ha una luce negli occhi accecante e bellissima che conserverà fino alla fine.
Lo chiamano “ il Principe di Gerusalemme “.
La sua malinconia ebraica lo rende interessante, le donne lo cercano, vanno e vengono dal suo atelier; chi si fermerà più a lungo ( 2 anni ) è la poetessa inglese Beatrice Hastings.
Dopo la mostra e lo scandalo dei suoi nudi alla Galleria Berthe Weill, i suoi quadri iniziano a piacere, ma non sono i mercanti a occuparsi delle sue opere, ma gli amici come il poeta Apollinaire, che ha appena stampato le prime poesie di Alcools, Leopold Zoborowski che gli compra dei quadri cercando di creargli un mercato, ma i tempi sono difficili, gli innovatori non hanno ancora un pubblico che li segue.
Modigliani è al centro della tempesta, ma con il timone fermo.
Maturano proprio allora le grandi novità dell’arte: Braque e Picasso parlano già di Cubismo, Modigliani sente che nell’aria c’è qualcosa, ma è attento, guardingo.
Vede nascere il Cubismo, e il Futurismo, e sconsiglia l’amico Severini di firmare il manifesto.
Intanto si rompe il rapporto con la poetessa inglese, che non ha affatto aiutato Amedeo; beve, si droga sempre di più, e lei che odia Dante gli legge in faccia il poeta Milton.
Ma nonostante le difficoltà esistenziali e materiali, Modigliani prosegue a dipingere come un ossesso; intanto conosce ed è subito amore appassionato Jeanne Hèbuterne, esile creatura, dolcissima che ama, riamata il bell’artista italiano.
Và a vivere con lui, dopo aver rotto con la sua famiglia, rigidamente cattolica che non accetta in nessun modo la relazione con il pittore italiano, per giunta ebreo.
Vanno a vivere all’ultimo piano di un palazzo, con molte vetrate, la luce è intensa e penetra da tutti i lati, ma anche il freddo insopportabile d’inverno; ci penserà l’amico fidato Zoborowski, a trovar loro un po’ di mobilio, e soprattutto una stufa.
Le immagini della sua pittura sono sempre le stesse: donne, signore, fantesche, portinaie, o poetesse, mogli degli amici, e poi, sempre, bellissima Jeanne Hèbuterne, che ha sostituito nel suo cuore, l’amarezza del rapporto con l’inglese.
E’ un periodo felice, produttivo, Amedeo per rispetto al nuovo amore, e alla creatura che porta in grembo per molti mesi non berrà e non si drogherà.
In questo periodo affina ulteriormente il suo stile, ormai precisato, inconfondibile, frutto forse anche delle sue origini semitiche, e per la tendenza al simbolo, la forma chiusa, il colore.
Ma i giorni dell’artista si stanno esaurendo, e sente che deve continuare a lavorare, mentre da poco è nata la figlia, che chiameranno Gina ( poi Jeanne, che scriverà dopo la scomparsa del padre che non ha fatto in tempo a conoscere, importanti testi e biografie sulla figura dell’artista ).
Lo scultore russo Ossip Zadkine, ha lasciato questa testimonianza - “ Andavo spesso a trovarlo, il suo studio era una scatola di vetro. Avvicinandomi lo scorgevo disteso su un letto minuscolo… intorno, dappertutto, fogli bianchi al muro e per terra, coperti di disegni… gli sbuffi d’aria che entravano dalla finestra aperta agitavano i disegni appesi con una semplice spilla.. lui, così bello, così fine nell’ovale del viso, si svegliava irriconoscibile, giallo, i tratti tirati: “ il dio hascisc non risparmiava nessuno “ .
Anche Thora Klinkowstraen, ragazza dell’alta borghesia svedese, che lo aveva conosciuto e si era offerta di posare per lui, annota nei suoi appunti – “ Dipingeva velocemente, bevendo un po’ da una bottiglia di rum – “ contro la tosse diceva “ .
Tornai molti pomeriggi, e mi piaceva sempre di più, ma non potevo parlargli, perché non sapevo una parola di francese o di italiano “.
La ragazza francese che chiamava “ mia moglie “ non s’affacciò mai nello studio – era incinta, creatura minuta e leggera che guardava terrorizzata il mondo, e mi trattava con sospetto”.
Poi rapido e inesorabile l’epilogo.
Un pomeriggio Modigliani esce con alcuni amici per far visita ad un artista spagnolo, ma giunto nei pressi dello studio, decide di non salire, e così resta ad attendere in strada al freddo terribile di quel mese di Gennaio del 1920.
Quando gli amici ritornano, Amedeo sta male, dice di non voler tornare all’abitazione, “ perche attende una nave che lo porterà verso la felicità “.
Si convince a far ritorno a casa dove viene messo a letto, in condizioni disperate, cullato dalla Hèbuterne che gli tiene il capo tra le mani.
Non c’è in città nessuno di quegli amici fidati che sempre lo soccorrono, e quando il giorno dopo arrivano, lo scenario è crudo e terribile; la stufa spenta nonostante il grande freddo, l’artista debilitato per la cattiva alimentazione ( si era nutrito l’intero inverno di fagioli e sardine in scatola ) non è più vigile, e il medico subito accorso ne ordina il ricovero in ospedale.
Il giorno dopo all’alba, Modigliani muore senza mai riprendersi per meningite tubercolare, che da tempo si era manifestata.
Tutto crolla improvvisamente, mentre la Hèbuterne dopo averlo rivisto per l’ultima volta, viene accompagnata dagli amici, in un albergo del quartiere, apparentemente tranquilla, poi decide di trasferirsi dai genitori, e alle tre del mattino, apre la finestra e si toglie la vita con il bambino che porta in grembo e che stava per nascere, non potendo più vivere senza di lui.
Il giorno dopo si tengono i funerali, prima della Hèbuterne, e poi dell’artista che aveva vissuto tra gli stenti per portare in pochi anni a compimento il suo ideale d’arte.
Dall’Italia il fratello senatore Emanuele, telegrafa “ copritelo di fiori “ e così sarà fatto, e il “ principe di Gerusalemme “ non rivedrà mai più l’Italia.
Aveva solo trentasei anni, e ci vorranno ancora due decenni affinchè la critica lo riscopra e le sue opere entrino definitivamente nella storia dell’arte mondiale per l’unicità del suo stile.