
Torrido Agosto 2009, siamo salvi grazie alle acque del Fiordo di Furore, dove un tempo scorreva il
ruscello Schiato, e la carta veniva appesa ad asciugare nello Spandituro, nuvole di polvere biancastra si alzavano nell’aria comandate dal mugnaio che presiedeva all’arte sua; la molitura dei grani.
Le vecchie case dei pescatori, Monazzeni ( vivere in solitudine ) per la vita solitaria e dura che andavano svolgendo, oggi magnificamente restaurate attraverso il recupero conservativo dal Comune di Furore, ancora risuonano dei loro passi, delle loro albe e delle loro notti, dei loro amori.
Siamo scesi per duecento gradini, mentre il Fiordo annunciava la sua scontrosa bellezza, e la vista mozzafiato, affilata come un rasoio, il Falco Pellegrino che nidifica in quelle gole ci guardava dall’alto con superiore indifferenza.
Non siamo soli, oltre i passi di Lina e di Benedetto, si sentono in sottofondo quelli di Roberto Rossellini e di Anna Magnani; gli ospiti illustri del borgo, dove filmarono Amore, e poi si amarono con passione; indimenticabili quei giorni.
Ci siamo bagnati nelle acque profumate da foglie ed essenze della macchia mediterranea; gli alberi si abbarbicano con furore al poco terreno e alla roccia, le radici scavano nel profondo, per suggere alimento e liquidi, gli odori stordiscono, la menta, il rosmarino, il timo, accompagnano le nostre ore di rifugiati dalla calura.
Dall’arenile in basso, lo sguardo vola in alto alla strada sospesa sul vuoto; come appare lontana da questo ruvido giaciglio di stuoia e pietre levigate dall’acqua, la strada dove circolano auto con i cittadini di molti paesi; gli idiomi si sovrappongono, si scontrano, ciascuno dice la sua meraviglia con le parole che possiede.
Il sole non sa stare fermo, per nostro ristoro una parte dell’arenile cade in ombra fresca e prolungata, possiamo riprendere fiato, mentre tutti si spostano in cerca di qualcosa; chi è bagnato, dopo la frescura e il ristoro delle acque, cerca il sole con voluttà – chi è asciutto e sazio di sole, cerca il fresco e l’ombra, e allora anche noi tre siamo pronti al trasloco.
Finiamo vicini ad una giovane venere nordica, che sembra raccogliere su di se tutto il sole alto nel cielo; nel suo paese lontano, dalle giornate grigie e avare di luce, il sole alto nel cielo, splendente per la vicinanze delle acque del mare non ha questi colori, queste lame taglienti di luce che accecano.
Non sembra vero, in alto, molto in alto, su costoni di roccia dove solamente la capra s’avventura a brucare l’erba più tenera, c’è una casa, e più in là ancora una altra; salire e scendere per tutta la vita, dal cielo alla terra, dalla terra al cielo.
Quando non c’erano automobili e strade, gli unici camminamenti erano questi stretti sentieri di scale, centinaia e centinaia per raggiungere le varie destinazioni; intorno alle case c’è poca terra disponibile, ma, mi dicono, molto fertile, tanto da arrivare anche per alcuni ortaggi a due o tre raccolti per stagione.
Miracolo della luce e del clima, le sementi germogliano in allegria, le piantine giovani diventano presto vigorose; l’uva sui tralci matura prima, la vendemmia arriva in anticipo, Bacco e Dioniso brindano felici e euforici.
Piu' in là,il poeta Neruda riflette in una strofa: << Io torno al mare avvolto dal cielo, il silenzio tra una e l'altra onda introduce un silenzio pericoloso: muore la vita, si acquieta il sangue fino a che il nuovo movimento si infrange e risuona la voce dell'infinito >>.