
Il mostro di cemento ha colore scuro, grigio, cosparso di patine verdastre, effetto del tempo e del mare vicinissimo.
E’ un pugno nell’occhio; risalta con veemenza nella bella, un tempo, Punta Scutolo, nel Comune di Vico Equense ( Napoli ) .
Alla base dell’enorme costone roccioso, su un lembo di terra sottratto al mare e ai bagnanti, si erge
offensivo, dagli anni settanta, lo scheletro di cinque piani, che nelle intenzioni dei costruttori doveva essere un albergo di lusso.
Così non è stato, e tra pastoie burocratiche, ricorsi, azioni legali, il mostro resta lì come uno sfregio perenne all’ambiente e al luogo di sogno della incantevole Costiera Sorrentina.
Il brutto ferisce l’anima dice lo psicanalista milanese Luigi Zoja, autore del saggio Giustizia e Bellezza, è una ferita inferta a tutti.
Il brutto è immorale, spiega senza mezzi termini. “E’ una ferita all’anima imposta continuamente a chi non l’ha meritata, sotto forma di paesaggi deteriorati dalla deforestazione e dall’edilizia illegale, di un architettura sciatta e utilitarista, di oggetti le cui forme non conservano piu’ traccia del lavoro e dell’attenzione umana.
Siamo circondati da cose sempre piu’ brutte, rifiuti di prodotti, ambienti masticati e sputati”.
E’ di ferita si tratta, di corpo rugginoso di ferro e cemento armato, rimasto lì fino ad oggi, senza abbatterlo, come è stato fatto per altri manufatti come il Fuienti di Vietri, oppure il grattacielo di Punta Perotti sulla spiaggia di Bari.
E’ segno di bruttezza perenne e di pericolo, sinonimo di morte - numerosi infatti in questi anni, sono stati gli incidenti mortali di giovani che lo utilizzano come base di lancio per i tuffi a mare.
L’ultimo con gravi conseguenze alcune settimane fa.
L’ambiente meriterebbe una salvaguardia maggiore, e risalta agli occhi come questo mostro di cemento sia in un certo senso “ blindato “ tanto da impedirne l’abbattimento e il ripristino dello stato dei luoghi.
Si capisce che è un corpo senza vita, esangue e privo di linfa; rende lo sguardo sulla punta della baia, monco della originaria visione, prima che le betoniere scaricassero il cemento per costruirlo.
L’avevo sempre guardato dall’alto della strada panoramica che corre tra i tornanti mozzafiato, ma ora visto dalla spiaggia, emerge in tutto il suo squallore.
E’ tempo ormai di cancellarlo alla vista, escludendolo dallo sguardo, e di restituire alla vegetazione e al verde spontaneo, quell’angolo incantato di costa in perenne conflitto con le onde del mare che sempre si rinnovano.