
Nella vita di Vincenti Van Gogh, nato in Olanda nel 1853, figlio di un pastore protestante, e per un certo periodo della sua vita, pastore egli stesso tra gli umili e i diseredati nella regione del Borinage; la figura straordinaria del fratello minore Thèo, impiegato nella bottega di un mercante d’arte, che lo mise in contatto con gli impressionisti, assume un rilievo fondamentale.
Thèo era uomo di eccezionali virtù: benché povero, fece tutto il possibile per il più anziano Vincent, che fortemente influenzato dall’arte di Millet e dal messaggio sociale contenuto nei suoi dipinti, decise di diventare anche lui pittore.
Lo sostenne con elargizioni mensili, e soprattutto gli fu accanto sempre, assicurandogli il sostegno psicologico di cui aveva estremo bisogno, e l’intensa corrispondenza ( quasi un diario ininterrotto ) è lì a dimostrarlo.
Vincent sperava che, lavorando ad Arles, nel Sud della Francia, almeno per un anno, sarebbe forse stato in grado, un giorno, di vendere i suoi quadri e di ripagare le generosità del fratello.
La corrispondenza di questo pittore umile e quasi autodidatta, ignaro della celebrità che lo attendeva, è fra le più commoventi e interessanti di ogni letteratura.
In essa sentiamo il senso della missione dell’artista, la sua disperata solitudine, le sue lotte e i suoi trionfi, la sua sete di amicizia.
Dopo meno di un anno, nel Dicembre del 1888, Van Gogh, ebbe un collasso e fu colto da un eccesso di pazzia.
Nel Maggio del 1889 fu ricoverato in una casa di cura; ma aveva ancora intervalli di lucidità durante i quali continuava a dipingere.
L’agonia durò altri quattordici mesi; nel Luglio del 1890, aveva trentasette anni come Raffaello, Van Gogh mise fine ai suoi giorni.
La sua carriera era durata appena un decennio; i suoi quadri più famosi su cui si fonda la sua fama, vennero tutti dipinti in tre anni pieni di crisi e di disperazioni.
Fino a quel 27 Luglio del 1890, quando in preda alla disperazione Vincent, si spara un colpo di pistola che passa sotto il cuore.
I dottori Mazery e Gachet, più volte raffigurato in dipinti, rinunciano ad estrarre il colpo; viene avvertito il fratello Thèo, che a mezzogiorno del Lunedì è là pieno di speranza.
Scrive a Jo: “ La sua forte costituzione ha avuto la meglio, Vincent vuol fumare e gli lasciano fumare la pipa. Nessuno tenta un’operazione.
Vincente e Thèo, parlano insieme in olandese, qualche parola ancora.
All’una e mezzo del mattino del ventinove Luglio del
Il trenta Luglio, Emile Bernard, Père Tanguy, Lucine Pissarro, Audries Bonger, e il dottor Gachet accompagno Thèo dietro il feretro di Vincent.
Tra i fiori gettati sulla sua tomba, ci sono i girasoli.
Thèo porta con sé l’ultima lettera di Vincent, incompiuta, trovata nella sua stanza.
“ Ebbene, nel mio lavoro ci rischio la vita e la mia ragione vi si è consumata per metà, ma tu non sei fra i mercanti di uomini, per quanto ne sappia, e puoi prendere la tua decisione, mi sembra, comportandoti realmente con umanità.
Ma che cosa vuoi mai? “