
E’ calato il sipario su Delara Darabi, la ragazza iraniana di 23
anni rinchiusa nel carcere di Rasht da cinque, condannata a morte per
impiccagione per un omicidio commesso a 17 anni, di cui si è sempre detta
innocente.
Delara aveva uno straordinario talento di pittrice, e i suoi quadri
fatti circolare dalle organizzazioni per la difesa dei diritti umani, avevano
commosso il mondo.
Del Ara, significa prigioniera dei colori, e la ragazza che
dipingeva da quando aveva 17 anni, in carcere aveva dovuto rinunciare alle
materie prime del suo lavoro: i colori.
I suoi carcerieri gli avevano tolto
gli strumenti per dipingere, e allora lei adoperava quello che gli restava,
così al posto del cielo metteva pennellate di grigio, rinunciando al rosso, il
suo colore preferito.
L’integralismo e il buio della legge iraniana, hanno
spento la giovane vita della pittrice, che sognava la sua libertà attraverso i
colori, interpretava il mondo e le sue sensazioni attraverso i personalissimi
cromatismi, come fece un secolo addietro, Van Gogh, il pittore olandese, poi
traferito in Francia, che sperimentò sulla sua pelle, fino alla fine l’incendio
della visione, fino a morirne.
La pittura come via di uscita, rivolta,
sovversione, terremoto.