Giampaolo Rugarli, su Repubblica, ha messo in luce i punti di
contatto e il terreno comune di indagine, che intercorre tra due poeti; Rocco
Scotellaro e Sergej Esenin, recensendo il saggio da poco apparso nelle librerie
di Giuseppina Scognamiglio “ L’arte della scrittura – La scrittura dell’arte “.
Ed. Scientfiche Italia.
contatto e il terreno comune di indagine, che intercorre tra due poeti; Rocco
Scotellaro e Sergej Esenin, recensendo il saggio da poco apparso nelle librerie
di Giuseppina Scognamiglio “ L’arte della scrittura – La scrittura dell’arte “.
Ed. Scientfiche Italia.
E’ davvero sorprendente, venire a sapere che la
civiltà contadina, il rapporto con la terra, con le radici di essa e con l’uomo, scorre, in un certo senso parallelo tra due poeti così distanti nel tempo
( Esenin scompare nel 1925, 28 anni prima di Scotellaro ) e così diversi per
temperamento e personalità.
Nel saggio, la Scognamiglio, analizza
meticolosamente i versi del poeta lucano, che trascorse una parte non
secondaria della sua esistenza a Portici, dove lavorava alla facoltà di
Agraria, e dove morì in seguito ad infarto nel 1953; si sofferma e indaga l’uso
dei colori presenti nei versi, scoprendone l’importanza e valorizzando inedite
valenze di senso – intanto l’azzurro, che secondo Rugarli, non è il colore più
evocato nell’iride di Scotellaro, ma consente di stabilire una contiguità con
Esenin, che la curatrice del volume rintraccia citando uno studio di Salina
Borello.
Il poeta lucano parla di “ brulichio dell’azzurro “ ossia di cielo e
di mare confusi insieme, mentre il biondo poeta russo Esenin, di “ azzurro
incendio “.
Dunque il transito comune secondo Rugarli, occhio attento e
curioso, sarebbe la terra, ad unificare certe esperienze tenendo conto dei due
personaggi, peraltro molto diversi e al centro di contesti socialmente e
cronologicamente lontani; il poeta russo e il poeta della Basilicata, hanno
entrambi estrazione contadina, e nei campi, nella campagna vedono il luogo
della ribellione, delle trasformazioni sociali dell’uomo.
Esenin infatti, che
credeva nella rivoluzione, entrò in conflitto con essa quando il suo corso
prese la direzione delle città e delle fabbriche, e nonostante egli avesse
viaggiato tanto per il mondo a differenza di Scotellaro, che non si mosse quasi
mai, continuava a commuoversi per la morte di una mucca o di una volpe;
conservava vivo il ricordo nella sua mente degli abeti, e dei profumi dei suoi
boschi, e del vento che spirava tra di essi.
Scotellaro, sindaco giovanissimo
del suo paese Tricarico, che aveva viaggiato pochissimo, e il suo orizzonte
rimaneva focalizzato sulla condizione dei contadini della sua terra, voleva
sfuggire al ruolo di burocrate che gli altri tentavano di cucirgli addosso;
entrambi avevano conosciuto anche l’esperienza del carcere, entrambi volevano
lottare e credevano nella rivoluzione, ma Esenin, visionario e incendiario con
i suoi versi, fu tolto di mezzo ( l’impiccagione è densa di ombre ) perché
scomodo; Scotellaro, come il lontano cantore russo, toglie il disturbo a
trent’anni, vittima di amarezze, di voci insinuanti, di altrui cattiverie.
Per entrambi questi due grandi, che scompaiono nel mese di Dicembre, mentre si
avvicina il Natale, “ nell’azzurro delle notti di solstizio, le stelle smettono
di fiammeggiare “ annota Rugarli.