Giovedì 16 Aprile nelle sale del Circolo “ A. Diaz “ di Ottaviano (Na) si è svolto l’incontro di poesia “ Voci dalla terra vesuviana “ con i poeti Alfonso Cepparulo, Prisco De Vivo, Alfonso Severino, Giouseppe Vetromile,
Salvatore Violante.
Sono intervenuti: Alessandro Carandente, Gerardo Pedicini,
Enzo Rega, Gaetano Romano, Pasquale Gerardo Santella, Francesco D’Ascoli,
Presidente del Circolo, l’attore Clemente Napoletano che ha letto poesie degli
autori, e il pianista Giannantonio Sepe.
Evento intenso e partecipato, quello
che si è tenuto nelle sale dello storico sodalizio ottavianese, che ha aperto
le porte alla cultura e alle voci del territorio, dove negli ultimi mesi si
susseguono manifestazioni e convegni di ottimo livello
“ I poeti, animali
parlanti, sgiagurano in versi profumati, nessuno li ascolta, nessuno li legge,
gridano nel deserto la loro forza di gravità” così diceva Dario Bellezza, a
proposito dei poeti, e da allora molte cose sono cambiate, e la poesia è uscita
dal limbo in cui era confinata, per circolare liberamente tra la gente,
cercando altre pratiche con cui interagire; arti visive, musica; mentre si
susseguono convegni e reading, a ribadire lo stato di salute ottimo di questa
pratica linguistica.
Certo è più difficile essere poeti a Napoli e nel Sud;
mancano le case editrici disposte a rischiare la stampa di un lavoro poetico, e
si deve all’impegno di marchi editoriali come Marcus e Guida, di Napoli, Manni
di Lecce, e pochi altri, se molti poeti trovano ospitalità e ascolto, quando
non sono costretti ad affidarsi ad edizioni private e in estrema economia, pur
di far circolare i loro scritti.
Eterogeneo il miscuglio di voci; da Salvatore
Violante con il suo rapporto intenso con le voci e i suoni della terra
vesuviana, che scopre attraverso lo sguardo rivolto al Monte Somma, presenza
naturalistica e geografica di percorrenze, transiti, umori olfattivi e memorie
sedimentate, agli inquietanti scandagli esistenziali che riguardano l’uomo.
Ad
Alfonso Cepparulo, che pone domande alla storia e al Novecento, il secolo
appena archiviato luogo prediletto di stermini di massa, di lager, di silenzi
colpevoli, di domande a cui nessuno, forse potrà mai rispondere.
Ad Alfonso
Severino, inquieto viandante, che posa il suo sguardo interrogante sulle cose
dei giorni che scorrono con ritmo incalzante; il viso di una giovane donna
conosciuta, che accende il desiderio e richiama memorie, mentre si aggira per
le strade di Napoli, ai ricordi della sua infanzia, alla figura del padre, che
lega a momenti e immagini ferme nel tempo.
A Giuseppe Vetromile, icastico e
severo nei suoi pronunciamenti, che spaziano con il sesto acuto dello sguardo,
per cogliere contraddizioni ed elevazioni dell’uomo, ma anche cadute e
sconforto per come procede l’umano vivere.
A Prisco De Vivo, artista visivo e
poeta di marca espressionista, che ha travasato nella poesia la dissipazione
delle ore rivolte a spogliare immagini come corpi trafitti, grondanti di umori,
di luci notturnali, di atmosfere barocche.
Il corpo della poesia avanza e si fa
strada tra macerie memoriali e la contingenza, asciutta e prosciugata delle
immagini che i versi richiamano come le sue pitture confermano.