
Il 2009 si è annunciato nel peggiore dei modi; con una carica di violenza inaudita, priva di ragioni, che sembra aver contagiato tutta l’Italia.
Dalla Calabria, dove hanno dato fuoco ad un giovane in provincia di Catanzaro, dopo averlo selvaggiamente picchiato, al tabaccaio del Nord che ha cessato di vivere in seguito alle coltellate di una banda che lo aveva appena rapinato per pochi spiccioli.
In mezzo, tutto il male inutile e gratuito della notte di Capodanno, costituito da un fuoco selvaggio di armi, che da Torre Annunziata dove l’anno scorso mori un giovane padre di famiglia, in seguito ad un colpo di pistola proveniente dalla santa barbara del quartiere, a Napoli, dove un giovane di 25 anni è stato colpito da un proiettile alla testa mentre fuori dal balcone invitava il fratellino a rientrare in casa.
E poi molti altri episodi, di ferimenti, ma sempre a causa dell’uso di armi da fuoco, pistole, fucili, usate con estrema disinvoltura, quasi ci si trovasse in un paese del Medio Oriente, dove tutto o quasi, viene scandito dall’uso delle armi, dal fragore delle armi.
E’ in libera uscita una devastante carica di azioni delittuose insensate, prive di ogni logica, che attanagliano il paese dal Nord al Sud, dalle Alpi alla punta dello Stivale.
E sono questi i reati più difficili da punire, perché individuare i responsabili è difficile, nessuno parla, nessuno ha visto, come è accaduto a Torre Annunziata, dove la giovane vedova in questi giorni ha lanciato un appello attraverso le pagina di Repubblica, per scoraggiare l’uso di pistole e di armi da fuoco, con relativi proiettili che mietono vittime ignare.
Anche a Napoli, nei vicoli dei Quartieri Spagnoli, dove un tempo stazionavano le truppe del Vicerè, nelle ore precedenti al coprifuoco sono stati visti aggirarsi numerosi giovani a bordo di motorini con le armi già pronte per l’uso, e che evidentemente non hanno esitato ad usare.
Ma il Capodanno non c’entra niente con l’uso delle armi, è un alibi che non regge, è una giustificazione priva di fondamento, è soltanto il contenitore dove occultare o camuffare la violenza senza ragioni.
L’uso invece dei botti, dei pedardi pericolosi e spesso mal preparati, in laboratori abusivi da improvvisati artificieri, rimanda ad una cultura retrograda e popolaresca che con il tempo si è impadronita anche di fasce sociali più alte, che potenzialmente avrebbe dovuto mantenersi più lontane da questi comportamenti, e invece in qualche modo li adotta, li fa propri mentre esplodono i colpi.
E soltanto attraverso una forte campagna di sensibilizzazione, che passi attraverso le scuole, si potrà in futuro assistere ad una inversione di tendenza.
Da quanto appuriamo dai giornali e dai network televisivi, il contesto, l’ambiente, l’area di appartenenza, sembra essere la miccia che più facilmente si accende.
E’ più probabile che in una area degradata, anche a livello urbanistico e ambientale, senza servizi, emarginata dal resto del tessuto urbano, proliferino comportamenti ai limiti del lecito, esibiti con ostentazione e disprezzo.
Ma questo, naturalmente non spiega tutto, indica al massimo una percorrenza di senso, una eventuale possibilità interpretativa.
Mentre chiudo, apprendo che ha un volto e un nome la persona che ha sparato nei Quartieri Spagnoli, causando la scomparsa di un giovane onesto e serio, nonostante la difficile provenienza famigliare e ambientale; è una ragazza del quartiere, quasi della porta accanto, che dopo aver vagato qualche giorno per la città, resasi conto dell’enormità del male, ha consegnato la sua giovane esistenza alle mura del carcere.