
Si chiama il “ prezzo del sangue “, il perdono dei parenti della vittima che accettano denaro, per perdonare il condannato alla pena capitale.
Ma la macchina del perdono non funziona bene, perché come è già accaduto in passato, domenica nella piazza di Kazerun, i parenti della vittima hanno accettato il denaro dopo che il cappio era già stato messo al collo del condannato.
Sono trascorsi minuti preziosi, e forse fatali, per l’uomo, che potrebbe in seguito allo strattone seguito alla sospensione, aver riportato la rottura delle vertebre del collo e il soffocamento che ha interrotto l’afflusso di sangue al cervello, e causato danni irreversibili.
In Iran, la sharia, la legge islamica, consente ai parenti stretti di una vittima, di accettare di perdonare l’autore del reato e condannato, in cambio di denaro.
In genere, i condannati vengono a sapere qualche giorno prima dell’esecuzione,che la famiglia ha raccolto e offerto il denaro necessario, ma può anche capitare che questo avvenga sul filo del rasoio, all’ultimo minuto o secondo, quando il condannato è già nelle mani del boia.
Bisogna far presto per strappare una vita umana seppure colpevole, dalle mani dell’aguzzino.
L’Iran, secondo Amnesty International, è al secondo posto dopo la Cina per numero di condanne a morte nel mondo; nel 2008 ha mandato dal boia 226 persone.