Francesco D’Assisi lodava il signore per il bene prezioso dell’acqua, utile e indispensabile alla vita sulla terra, ma certamente dice Carlo Petrini con “ pretiosa “ non credo che intendesse dire che l’acqua era un bene costoso.
Invece, complice la calura estiva del mese di Agosto, il Parlamento ha approvato una norma-bomba ( unica in Europa ) con il “ sì “ dell’opposizione.
Pochi se ne sono accorti: quel pezzo di carta obbliga i Comuni a mettere le loro reti sul mercato entro il 2010, e ciò anche quando i servizi funzionano perfettamente e i conti tornano.
Nell’Italia toccata e castigata dalla crisi, è nata una nuova resistenza, contro la privatizzazione dei servizi idrici.
Articolo 23 bis, legge 133, firmata Tremonti, la stessa che privatizza mezza Italia e ha provocato la rivolta della scuola.
I sindaci di mezza Italia sono in rivolta, dopo l’ICI ora l’acqua, perdono pezzi importanti di risorse, ma soprattutto di rapporto con il territorio e i cittadini-elettori.
Ha inizio tutto nel 2002, con una legge che obbliga i carrozzoni delle municipalizzate a snellirsi, diventare S.p.a e lavorare con rigore.
L’Italia viene divisa in bacini idrici, i Comuni sono obbligati a consorziarsi e le bollette a includere tutti i costi, che non possono più scaricarsi sul resto delle tasse.
Quella che doveva essere una rivoluzione verso il meglio, è invece diventata una forte delusione.
Nessuno rifà gli acquedotti, le reti restano un colabrodo, “ il privato funziona peggio del pubblico “ dice Paolo Rumiz in un inchiesta su Repubblica, che riporta l’espressione da una indagine di Mediobanca, che di recente ha dimostrato che le due aziende pubbliche milanesi, Cap ed Mn hanno le reti migliori d’Italia e tariffe tra le più basse d’Europa.
E’ una situazione allarmante che rischia di degenerare, l’acqua non può diventare un bene da mettere sul mercato al miglior offerente, è una risorsa che appartiene di fatto alla collettività, e non gli deve essere sottratta, e lo Stato di concerto con gli altri organi deve trovare la strada migliore da percorrere, senza calpestare i bisogni della gente, su cui non è lecito speculare.
E proprio ora quando da più parti si invoca di fare attenzioni agli sprechi, perché l’acqua ha iniziato a scarseggiare anche nel nostro ricco paese, non solamente in Bolivia, India, Messico, dove la privatizzazione sta minando l’esistenza di milioni di persone.
E’ chiaro che se le fonti non saranno gestite con rigore, potrebbe avverarsi ciò che da anni gli osservatori temono; una crisi idrica mondiale.
“Il problema dice Carlo Petrini, che si aggiunge, è che chi ci governa e decide per noi, dalla Banca Mondiale in giù, la soluzione più ovvia pare essere quella di cedere le fonti ai privati affinchè le gestiscano meglio.
L’ essenziale è che risorse di questo tipo, siano gestite da organismi locali, fortemente radicati sul territorio, in modo che possano limitare gli sprechi e educare al giusto consumo.
Sarebbe preoccupante immaginare nel futuro, per effetto della globalizzazione dei mercati, che fondi stranieri o altre diavolerie simili, venissero in casa nostra ad impadronirsi pure dell’acqua.
Su questi temi urgenti che riguardano da vicino la vita di milioni di persone, sarebbe necessario che partisse subito una grande mobilitazione, per impedire che in futuro non ci arrivi anche una richiesta di pagamento per l’aria che respiriamo.