
E’ un minerale più ambito dell’oro, ed è sempre di colore giallo, sta dentro pietre di un chilogrammo di peso; è l’uranio, la cui raccolta nel Congo è alla base della guerra civile in atto da anni.
Si vive in clandestinità nelle miniere di Shinkolobwe, nella regione del Katanga; occhi solo per cercare il prezioso minerale nelle viscere della terra, e poche parole.
E’ meglio parlare poco da queste parti, loschi figuri armati fino ai denti sorvegliano le estrazioni.
Qui non si estrae zolfo, si cerca cobalto, hetorogenite copper, e uranite.
Pietre che pesano fino a un chilogrammo, venate di nero e di azzurro, basta un colpo e si spaccano.
Dentro c’è il cuore, il più richiesto, giallo come il noto yellow cache. Uranio.
Lavorano indiani, congolesi, somali; dai visi rattrappiti dalla pressione, e gialli per la polvere.
Il minerale viaggia poi per rotte clandestine, in grande segretezza, molti gli acquirenti che non vogliono apparire; multinazionali che alimentano traffici sospetti e tanti Stati del mondo che necessitano di questi minerali.
1200 tonnellate è la quantità fornita dalla miniera di Shikolobwe agli Usa in 50 anni: servì per le atomiche che misero in ginocchio il Giappone.
Quello che si estrae in Congo serve anche per scrivere su un pc, per navigare sulla banda larga, ascoltare musica da un impianto stereo.
Questa è la storia di una guerra che si trascina da vent’anni, ma è dall’inizio del secolo che il Belgio ha aperto la strada, fino al 2004, quando dopo un crollo e la morte di diversi operai, la miniera venne chiusa dalla Agenzia di Vienna.
Ma poco tempo dopo sono arrivate segnalazioni di ripresa dei lavori di scavo abusivi, anche al governo centrale del Congo, che ha riferito di non saperne niente e di non avere mezzi per intervenire.
Si continua ad estrarre nonostante tutto, alimentando il mercato illegale e parallelo, anche grazie all’instabilità politica della regione, con gravi rischi perché il materiale se non adeguatamente maneggiato rilascia isotopi radioattivi, che servono per la fabbricazione delle bombe atomiche.
Negli ultimi tempi sono scesi in campo anche i veterani dell’Armata Rossa, reduci dall’Afganistan, che utilizzando vecchi aerei Antonov dismessi dall’Aeronautica Russa, ogni giorno da piste di atterraggio ricavate in fretta e furia, partono con il loro carico di morte senza che nessuno ad oggi riesca a fermare questo commercio di morte che solca indisturbato i cieli del mondo.