L’uomo è agli arresti, la poesia no.
In carcere circola la poesia, e molti detenuti coltivano l’ispirazione, lavorando intorno al loro vissuto, spesso molto doloroso, avendo compiuto gravi delitti.
Il Premio letterario nazionale “ Emanuele Casalini “ è sorto nel 2002, nel Penitenziario di Porto Azzurro, in occasione del cinquantenario della rivista dei carcerati “ La Grande Promessa “ .
Il Premio ha visto la luce per iniziativa della Società di San Vincenzo de’ Paoli e dell’Università delle Tre Età – Unitrè, che hanno voluto ricordare la figura di Emanuele Casalini, fondatore della Unitrè, all’interno del carcere toscano.
I poeti dietro le sbarre, dove scontano pene al carcere a vita, come Lorenzo Bozano, il “ biondino della spieder rossa “ autore dell’omicidio avvenuto negli anni settanta, della tredicenne Milena Sutter, sente dalla sua cella di Porto Azzurro, il rumore del mare e delle onde, gli odori di salmastro, e in lontananza l’apparizione di un veliero.
Ma anche Domenico Strangio, calabrese di San Luca, in prigione dal 1980, riflette intensamente nelle sue liriche, sull’assurdità della faida che nel suo paese ha popolato di croci il cimitero, constatando a distanza di anni e di chilometri, l’inutilità della violenza e del sangue.
Ma anche Marco Purita, lombardo, in carcere per una rissa sfociata in omicidio, che in carcere si è laureato, attraverso l’esercizio della scrittura, ha riconquistato in parte se stesso.
Bozano, Strangio, Purita, sono alcuni dei numerosi detenuti che ogni anno partecipano al Premio letterario, “ Emanuele Casalini “ che nato nel carcere toscano, è poi diventato itinerante per le carceri italiane, e ora è approdato alla casa circondariale “ Lorusso e Cutugno “ di Torino, dove è avvenuto la cerimonia di premiazione.
Non tutti hanno potuto lasciare le loro celle per partecipare all’evento, ma qualcuno come Strangio, ha avuto la possibilità, di lasciare la cella e dialogare per qualche ora da uomo “ libero “ con gente “ normale “ con scrittori di professione ( da Ernesto Ferrero a Margherita Oggero, e Giuseppe Culicchia, Fabio Geda ).
Nel cuore segreto dei loro sentimenti riposti, i detenuti poeti aspirano a “ restituirsi “ alla vita, a ritrovare qualcosa oltre i pochi metri quadrati della cella, dove, come dice Gabriele Aral, le chiavi della prigione sono “ lancette della memoria “ dove l’angoscia e la solitudine della reclusione, per Carmelo Musumeci è scandita da versi lancinanti: “ Si muore tutti i giorni/ per tornare a morire ancora “.
In carcere circola la poesia, e molti detenuti coltivano l’ispirazione, lavorando intorno al loro vissuto, spesso molto doloroso, avendo compiuto gravi delitti.
Il Premio letterario nazionale “ Emanuele Casalini “ è sorto nel 2002, nel Penitenziario di Porto Azzurro, in occasione del cinquantenario della rivista dei carcerati “ La Grande Promessa “ .
Il Premio ha visto la luce per iniziativa della Società di San Vincenzo de’ Paoli e dell’Università delle Tre Età – Unitrè, che hanno voluto ricordare la figura di Emanuele Casalini, fondatore della Unitrè, all’interno del carcere toscano.
I poeti dietro le sbarre, dove scontano pene al carcere a vita, come Lorenzo Bozano, il “ biondino della spieder rossa “ autore dell’omicidio avvenuto negli anni settanta, della tredicenne Milena Sutter, sente dalla sua cella di Porto Azzurro, il rumore del mare e delle onde, gli odori di salmastro, e in lontananza l’apparizione di un veliero.
Ma anche Domenico Strangio, calabrese di San Luca, in prigione dal 1980, riflette intensamente nelle sue liriche, sull’assurdità della faida che nel suo paese ha popolato di croci il cimitero, constatando a distanza di anni e di chilometri, l’inutilità della violenza e del sangue.
Ma anche Marco Purita, lombardo, in carcere per una rissa sfociata in omicidio, che in carcere si è laureato, attraverso l’esercizio della scrittura, ha riconquistato in parte se stesso.
Bozano, Strangio, Purita, sono alcuni dei numerosi detenuti che ogni anno partecipano al Premio letterario, “ Emanuele Casalini “ che nato nel carcere toscano, è poi diventato itinerante per le carceri italiane, e ora è approdato alla casa circondariale “ Lorusso e Cutugno “ di Torino, dove è avvenuto la cerimonia di premiazione.
Non tutti hanno potuto lasciare le loro celle per partecipare all’evento, ma qualcuno come Strangio, ha avuto la possibilità, di lasciare la cella e dialogare per qualche ora da uomo “ libero “ con gente “ normale “ con scrittori di professione ( da Ernesto Ferrero a Margherita Oggero, e Giuseppe Culicchia, Fabio Geda ).
Nel cuore segreto dei loro sentimenti riposti, i detenuti poeti aspirano a “ restituirsi “ alla vita, a ritrovare qualcosa oltre i pochi metri quadrati della cella, dove, come dice Gabriele Aral, le chiavi della prigione sono “ lancette della memoria “ dove l’angoscia e la solitudine della reclusione, per Carmelo Musumeci è scandita da versi lancinanti: “ Si muore tutti i giorni/ per tornare a morire ancora “.