Relazione tenuta il 21 settembre 2008 in occasione dell’inaugurazione del Centro salute e Benessere “Natura Naturans” a Orvieto
La natura naturans è dunque la forza infinita della natura. Spinoza porta con la sua concezione a compimento un movimento di pensiero cominciato all’indomani del Medioevo con il cosiddetto Naturalismo rinascimentale che appunto, contro la svalutazione fattane dalla Chiesa, rivalutava la Natura ricollocandovi all’interno l’uomo. Un uomo non più dilaniato, come nelle epoche precedenti, fra Dio, da un lato, e natura, dall’altro, obbligato a resistere alle tentazioni della carne e della materia per esaltare invece la propria parte spirituale. La trascendenza era tutta a scapito dell’immanenza. In particolare, Spinoza con più decisione di Bruno unificava il mondo.
Giordano Bruno, infatti, il filosofo di Nola, arso vivo in Campo dei Fiori a Roma all’alba del 1600, parlava ancora di una Mens super omnia, intendendo un Dio trascendente e soprannaturale, e di una Mens insita omnibus, intendendo con essa un Dio interno alle cose in una concezione panteistica che probabilmente rispecchia il vero pensiero di Bruno. Tant’è vero che Bruno, che era un mistico di una religione naturale, con la parola indiamento intendeva un ritorno a Dio che significava ritorno alla Natura che conteneva Dio e l’uomo come massima espressione della natura stessa: e il fare dell’uomo per Bruno era la continuazione della creazione di Dio e della generazione della Natura. Cioè, l’opera di Dio e della natura continuavano nell’opera umana.
Bruno a sua volta rappresentava in pieno certe concezioni del Rinascimento. In esso l’uomo riscopriva l’identità con la Natura vista come un grande organismo con il quale si poteva comunicare: su questa concezione si basava la magia, e le formule magiche cos’altro erano se non un modo per persuadere la Natura stessa? Una catena teneva dunque insieme tutto il mondo, dallo spirito alla materia, trovando il suo anello centrale nell’uomo. La Natura non era più una realtà svilita e degradata ma un mondo da studiare: sono queste le premesse che porteranno alla Rivoluzione scientifica la quale però finirà per tradire a sua volta la ritrovata unità. Se la Natura nel Medioevo era realtà degradata alla quale resistere, nella concezione scientifica moderna diventa una macchina di nuovo concepita come altro dall’uomo: un qualcosa sulla quale brutalmente intervenire con volontà di potenza (quella volontà di dominio che Heidegger, sulla scorta di Nietzsche, associava all’essenza della tecnica: concezione sulla quale, da altra sponda, concordavano Horkheimer e Adorno parlando di una “ragione strumentale” puramente operativa). La scienza moderna perde di nuovo il senso di questo stretto rapporto fra Uomo e Natura e certe applicazioni tecniche sembrano non tener conto che la violenza esercitata sulla Natura è violenza praticata sull’Uomo.
La scienza moderna e tardo-moderna – da un lato necessariamente frammentatasi nelle discipline specialistiche e nelle sottospecializzazioni – dimentica il raccordo delle parti. Così anche la medicina, che si concentra sulla singola parte anatomica, sul singolo organo e sul singolo sintomo perdendo di vista l’organismo nel suo insieme. È ovvio che il sapere scientifico non possa essere buttato via: sarebbe ridicolo affermarlo. Dovrebbe solo riannodarsi alle sue stesse origini così come la medicina potrebbe trovare un monito negli insegnamenti di quello stesso medico greco nel cui nome i medici prestano giuramento, Ippocrate di Cos, che studiava l’uomo nel suo insieme e nell’ambiente nel quale viveva: ambiente naturale e sociale. Arrivando a dire che in un regime politico democratico si sta meglio in salute che in un regime tirannico!
Natura naturans è espressione fondamentale del pensiero del filosofo olandese di origine ebraica Baruch Spinoza, vissuto nel Seicento, che egli abbina al concetto di natura naturata. Nella sua opera più importante, l’Etica, egli scrive che «per natura naturante dobbiamo intendere ciò che è in sé ed è concepito per sé, ossia gli attributi della sostanza, che esprimono essenza eterna e infinita, cioè Dio considerato come causa libera. Per natura naturata invece intendo tutto ciò che segue dalla necessità della natura di Dio o di ciascuno dei suoi attributi, cioè tutti i modi degli attributi di Dio, in quanto sono considerati come cose che sono in Dio e che non possono né essere né essere concepite senza Dio». Detto in termini più semplici, la natura naturans è Dio come causa di tutte le cose e la natura naturata è la natura come suo effetto visibile. Considerata poi l’altra espressione fondamentale di Spinoza, Deus sive natura (Dio o natura), capiamo poi che Spinoza identifica Dio e natura e dà alla natura tutta, come natura naturans, questo carattere infinitamente produttivo: la natura produce incessantemente se stessa e la potenza creativa dell’uomo fa parte della potenza stessa della natura.
La natura naturans è dunque la forza infinita della natura. Spinoza porta con la sua concezione a compimento un movimento di pensiero cominciato all’indomani del Medioevo con il cosiddetto Naturalismo rinascimentale che appunto, contro la svalutazione fattane dalla Chiesa, rivalutava la Natura ricollocandovi all’interno l’uomo. Un uomo non più dilaniato, come nelle epoche precedenti, fra Dio, da un lato, e natura, dall’altro, obbligato a resistere alle tentazioni della carne e della materia per esaltare invece la propria parte spirituale. La trascendenza era tutta a scapito dell’immanenza. In particolare, Spinoza con più decisione di Bruno unificava il mondo.
Giordano Bruno, infatti, il filosofo di Nola, arso vivo in Campo dei Fiori a Roma all’alba del 1600, parlava ancora di una Mens super omnia, intendendo un Dio trascendente e soprannaturale, e di una Mens insita omnibus, intendendo con essa un Dio interno alle cose in una concezione panteistica che probabilmente rispecchia il vero pensiero di Bruno. Tant’è vero che Bruno, che era un mistico di una religione naturale, con la parola indiamento intendeva un ritorno a Dio che significava ritorno alla Natura che conteneva Dio e l’uomo come massima espressione della natura stessa: e il fare dell’uomo per Bruno era la continuazione della creazione di Dio e della generazione della Natura. Cioè, l’opera di Dio e della natura continuavano nell’opera umana.
Bruno a sua volta rappresentava in pieno certe concezioni del Rinascimento. In esso l’uomo riscopriva l’identità con la Natura vista come un grande organismo con il quale si poteva comunicare: su questa concezione si basava la magia, e le formule magiche cos’altro erano se non un modo per persuadere la Natura stessa? Una catena teneva dunque insieme tutto il mondo, dallo spirito alla materia, trovando il suo anello centrale nell’uomo. La Natura non era più una realtà svilita e degradata ma un mondo da studiare: sono queste le premesse che porteranno alla Rivoluzione scientifica la quale però finirà per tradire a sua volta la ritrovata unità. Se la Natura nel Medioevo era realtà degradata alla quale resistere, nella concezione scientifica moderna diventa una macchina di nuovo concepita come altro dall’uomo: un qualcosa sulla quale brutalmente intervenire con volontà di potenza (quella volontà di dominio che Heidegger, sulla scorta di Nietzsche, associava all’essenza della tecnica: concezione sulla quale, da altra sponda, concordavano Horkheimer e Adorno parlando di una “ragione strumentale” puramente operativa). La scienza moderna perde di nuovo il senso di questo stretto rapporto fra Uomo e Natura e certe applicazioni tecniche sembrano non tener conto che la violenza esercitata sulla Natura è violenza praticata sull’Uomo.
La scienza moderna e tardo-moderna – da un lato necessariamente frammentatasi nelle discipline specialistiche e nelle sottospecializzazioni – dimentica il raccordo delle parti. Così anche la medicina, che si concentra sulla singola parte anatomica, sul singolo organo e sul singolo sintomo perdendo di vista l’organismo nel suo insieme. È ovvio che il sapere scientifico non possa essere buttato via: sarebbe ridicolo affermarlo. Dovrebbe solo riannodarsi alle sue stesse origini così come la medicina potrebbe trovare un monito negli insegnamenti di quello stesso medico greco nel cui nome i medici prestano giuramento, Ippocrate di Cos, che studiava l’uomo nel suo insieme e nell’ambiente nel quale viveva: ambiente naturale e sociale. Arrivando a dire che in un regime politico democratico si sta meglio in salute che in un regime tirannico!
Enzo Rega