
La tendenza è stata documentata dall’autorevole rivista Archives of General Psychiatry, che ha indicato cifre molto significative: le cure medico-pscologiche oggi in corso nella grande nazione, si attestano sul 29% mentre dieci anni fa la percentuale era intorno al 44%.
Sono sempre di più gli psichiatri specializzati in terapie farmacologiche, mentre diminuiscono quelli che al centro della loro terapia hanno la parola, che cura e prende in carico il sé del paziente.
Ci sono molte motivazioni alla base di questo radicale cambiamento, tra cui anche quello delle compagnie assicuratrici americane che non rimborsano più il costo delle sedute, ma solamente quello dei farmaci.
“ Se sei ricco e abiti a Manhattan “ ha dichiarato il dottor Mojtabai - “ è più facile risolvere i traumi infantili presso lo studio di qualche psicoanalista “. Più difficile per un navajo in Arizona.
La diffusione e il facile ricorso al farmaco in America ha radici antiche, dal momento che sin dall’infanzia e fino alla senescenza il cittadino è abituato a considerarlo rimedio risolutivo, e alle scuole elementari le insegnanti chiamano i genitori per consigliare farmaci per contenere l’iperattività dei bambini.
L’Italia è ancora distante, per fortuna, dalla pratica americana, anche se come segnala Simona Argentieri, psicoterapeuta di formazione freudiana, “ Troppo spesso prevale un uso improprio della pillola per tamponare le difficoltà del vivere. Quella tra disturbo e psicofarmaco rischia di diventare una correlazione meccanica, una scorciatoia meno impegnativa della psicoterapia, che richiede tempi più lunghi, soprattutto umiltà e intelligenza del cuore “.
La pillola in un certo senso metterebbe tutti d’accordo; i pazienti che non sempre sono disposti ad aprirsi e mettersi in discussione, e i medici costretti molto spesso ad incontri frettolosi e superficiali in strutture pubbliche inadeguate.
Sigmund Freud nato a Freilberg, in Moravia, il 6 Maggio del 1856, padre fondatore della psicanalisi, diede inizio a questa disciplina introspettiva che al suo apparire destò non pochi sospetti e scetticismo, dopo la guarigione di Anna O., colpita da isteria, mediante il “ flusso delle parole “. E da questa esperienza maturò la convinzione che i sintomi affondino le loro radici in conflitti psicologici latenti, spesso presenti da lungo tempo, che possono essere portati alla luce in parte tramite un esame approfondito durante il rapporto terapeuta-paziente.
In direzione e a favore della pasticca giocano le industrie farmaceutiche, ma anche una certa letteratura medica internazionale, che incoraggia l’integrazione tra le diverse terapie.
E indubbiamente a ben guardare l’integrazione pillola e parola può essere in alcuni casi la soluzione che funziona meglio, ma non deve essere l’assistenza pubblica insufficiente a spingere verso il farmaco.
In Italia difettano i servizi pubblici, non certo gli psicoterapeuti, che sono numerosi e qualificati, selezionati da una legge tra le più rigorose in Europa.
Si accede alla professione specializzandosi in Psichiatria con una formazione medica o dopo la laurea in Psicologia con un diploma di specializzazione conseguito presso Scuole abilitate alla formazione, offrendo numerosi servizi nel campo della salute mentale senza ricorrere alla pasticca.
In America gli psicologi possono somministrare medicine, da noi in Italia, questa facoltà è interdetta ai non laureati in Medicina.
In Italia dopo la riforma fondamentale di Franco Basaglia, trent’anni fa, si è aperto definitivamente un nuovo scenario, che vede i pazienti non trattati solo farmacologicamente dentro le istituzioni, e questo implica il riconoscimento che la malattia non ha solo basi biologiche, ma esistenziali e psicologiche, riconosciute anche dalle stesse industrie produttrici dei farmaci, che scrivono che taluni prodotti funzionano solo se accompagnati da psicoterapia.
In Italia quindi si tende a preservare il paziente dall’uso indiscriminato di farmaci, e nello stesso tempo si tende a rivedere la seduta classica di psicoterapia, non più giorni fissi a settimana, ma sedute più brevi e più accessibili per le tasche dei pazienti.
Nella sfida con la pillola, in Italia, la parola ha ancora la meglio, in memoria del dottor Sigmund Freud e discepoli.