
Dice Mehta, che parlando con Saviano, e scambiandosi opinioni, hanno parlato delle loro rispettive città; Napoli per Saviano e Bombay per Mehta – e che così si è reso conto che le due città sono molto più simili che dissimili “ Entrambe sono splendide città situate in una baia, ed entrambe sono in uno stato di caos perenne “.
La vita che è costretta a fare lo scrittore di Gomorra, ha molto colpito e commosso il giornalista indiano, che attribuisce al saggio dello scrittore napoletano, il carattere di un lamento accorato, un canto d’amore per la sua terra “ usata “ da tanti, molti dei quali hanno ancora il volto coperto.
Anche alcuni scrittori e artisti indiani vivono sotto minaccia dice Seketu Mehta, per aver espresso opinioni che in alcuni casi riguardano le varie comunità religiose, subito pronte quando si vedono sotto la lente a chiamare in causa “ i sentimenti feriti “ ed è a quel punto che il capo della comunità si rivolge al governo, facendo pressione per far allontanare l’autore “ dell’opera colpevole “.
Lo scopo principale anche nella società indiana, è di impedire di dire la verità, di non portare a termine il proprio “ dharma “ che tradotto starebbe per “ dovere “ o “ missione “ verso gli altri.
La vera ricompensa per uno scrittore come Saviano, non è vendere due milioni di copie, ma l’amore dei suoi lettori, giovani, donne, vecchi, tanti visi sconosciuti che formano una galleria di immagini permanente che ruota intorno a lui, e idealmente lo protegge e lo difende.
Lo scrittore che dice la verità potrebbe pagare con la vita il suo vivere mantenendo fede alla parola data.
Il grande scrittore ceco Jaroslav Seifert una volta osservò “ Non dire la verità per chiunque altro può anche essere una manovra tattica, ma se uno scrittore non racconta la verità di fatto mente “.
Per uno scrittore, dunque non esiste alternativa, in India come in Italia.