
Questo il succo concentrato del pensiero di Nitsch, raccolto in una intervista concessa a Antonella Barina per il Venerdì di Repubblica e pubblicata l’otto Agosto.
Ritorna in grande stile, più santone o ispirato profeta, di quella arte del sangue, delle membra tagliate e incise e di animali appesi con le interiora di fuori, l’austriaco Hermann Nitsch, che sarà osannato a Napoli il tredici settembre.
Poco distante da Piazza Dante infatti, in Salita Pontecorvo 29/d, in un’ex centrale elettrica del primo Novecento avrà sede il Museo Archivio laboratorio per le Arti Contemporanee, che porterà il suo nome.
Troveranno posto tele e istallazioni dell’artista, ma anche un centro documentazione e un laboratorio dove si organizzeranno rassegne, happening, conferenze e un mese all’anno Nitsch terrà delle lezioni agli studenti.
L’importante iniziativa si deve a Peppe Morra, amico fraterno e gallerista di Nitsch dal 1974, che intrattiene un rapporto molto stretto e confidenziale con Hermann, con cui in un certo senso condivide il percorso conoscitivo e esistenziale della sua difficile arte.
Per molti anni l’arte espressa da Nitsch, indignò la piccola borghesia perbenista e bigotta, e spesso la polizia interveniva durante le sue performances, dove il colore rosso del sangue, di animali sventrati e sacrificati, in nome di riti sacrificali primordiali e liberatori, di espiazione e catarsi collettive rappresentava il fulcro espressivo - arrestando lui e i suoi attori.
Altri tempi, lontani, ormai è diventato un classico della modernità, riconosciuto e accettato, fino alla consacrazione all’opera di Vienna, e al Burgtheater, il teatro nazionale austriaco. E l’anno scorso apertura del primo museo a lui dedicato a Mistelbach, vicino a Vienna. E’ dalla fine degli anni cinquanta, con il conflitto mondiale appena concluso, e con con l’Europa intenta a curare le sue ferite che Nitsch concepisce quel Teatro delle Orge e dei misteri, che vede la luce con una prima azione pubblica nel 1961 e un manifesto del 1962, elaborato con altri quattro artisti.
Nasce così l’Azionismo viennese, sorta di risposta agli happening europei, che esibisce corpi feriti, abusati, usurpati.
In proposito Achille Bonito Oliva, in visita al castello di Prinzendorf, dove risiede l’artista, in una intervista recente pubblicata ai primi di Agosto, ha affermato “ Nitsch e compagni sono i veri eredi della Secessione viennese, di Klimt, di Schiele, di Kokoschka.
Se quegli artisti tra Otto e Novecento usavano la pittura per rappresentare le mutilazioni di un ‘Austria imperiale in frantumi, gli artisti degli anni sessanta utilizzavano invece il corpo, per raccontare le ferite lasciate dal nazismo e dalla guerra perduta.
La visione è comunque violenta, ma nel caso dell’Azionismo viennese non c’è solo morte : c’è anche sensualità, rinascita. Gli eredi ? Un artista come Damien Hirst, negli anni 90, con i suoi animali tagliati, i suoi squali in formaldeide : una nuova fine secolo diventata chimica, asettica, non più drammatica “.
La guerra aveva scandito l’infanzia dell’artista, che aveva vissuto nella paura della fine imminente, e diventato adulto scelse di fare arte per esorcizzare la paura, ma rompendo gli schemi, e scegliendo una arte che creasse uno shock.
Nei grandi raduni, con molti artisti, attori, musicisti, la musica occupa un ruolo non secondario nelle sue azioni - accompagna lo svolgimento delle varie scene del dramma collettivo – Nitsch stesso suona e compone partiture, scrive testi; la musica scandisce il tempo delle sue corali sconvolgenti azioni collettive, dove tutto è in relazione con il primordiale, con le forze oscure che scatenano la violenza.