
Buren è famoso soprattutto per i suoi interventi ambientali, dove interagisce con i suoi colori molto riconoscibili, su supporti di vario tipo, come legno, stoffa, carte, facciate di palazzi, antichi e contemporanei.
La sua ricerca da oltre trent’anni è volta ad indagare il rapporto dei colori nello spazio circostante all’ambiente, che si modifica sotto la spinta emozionale e concettuale dei colori.
Notevole quindi la sua forza di intervento in luoghi aperti, profondamente modificati nelle percezioni e rinnovati nelle loro nuove valenze di vita.
A Ponticelli, periferia sterminata alle porte di Napoli, nel 2004 il maestro francese ha compiuto una importante azione sulla facciata del palazzo Arin, denominata “ Cerchi nell’acqua “ e sulla fontana posta al centro della strada, rinnovando di nuove percezioni l’ambiente architettonico circostante, attraverso le forme geometriche adoperate con i colori, giallo, blu e verde squillante .
In passato Buren è stato anche molto osteggiato da censure che lo hanno colpito in varie occasioni, e che oggi gli sembrano un fenomeno in preoccupante aumento.
“ Eppure, dice Buren, dipende dai luoghi. Il lavoro di Ponticelli per me è stato l’opposto di quello che realizzai al Palais Royal, collocato nel centro di Parigi, in un edificio del passato.
Quasi sempre l’arte pubblica interviene sui centri cittadini, mai nelle periferie. Lì ebbi contro l’opinione pubblica. A Ponticelli, invece, mi chiedevano di continuare, realizzando spazi per i bambini E quell’intervento in una banlieu abbandonata si è rivelato contagioso in positivo : altri hanno ridipinto le facciate dei palazzi vicini, così l’arte ha interessato i giovani, colpiti dal fatto che altri vadano a visitare il loro quartiere, rendendoli fieri “.
L’arte quindi,attraverso le sue pratiche estetiche, ripropone di nuovo il rapporto dell’uomo con lo spazio in cui vive, in cui trascorre la sua esistenza, e se un luogo è animato di colori e di percezioni che accendono la visione e riempiono l’anima, allora forse la voglia di vivere cresce, sale, aumenta, si impenna.
Anche lo psichiatra milanese Luigi Zoja insiste su questi temi, quando afferma “ Il brutto è immorale “ E’ una ferita all’anima imposta continuamente a chi non l’ha meritata, sotto forma di paesaggi deteriorati dalla deforestazione e dall’edilizia illegale, di una architettura sciatta e utilitarista, di oggetti le cui forme non conservano più traccia del lavoro e dell’attenzione umana.
Siamo circondati da cose sempre più brutte, rifiuti di prodotti, ambienti masticati e sputati “
Tutto questo secondo lo studioso milanese, crea “ una intossicazione psichica permanente “ restringe l’esperienza, serra l’anima.