
Interrompere la fornitura di acqua in un momento come questo, se pur con validi motivi, è davvero il peggio che poteva capitare a tanti cittadini, me compreso.
E’ una corsa contro il tempo a riempire taniche e altri recipienti, per far fronte fino a domenica alla mancanza del prezioso liquido, che nessuno apprezza realmente quando non c’è penuria.
Tornano attuali le campagne sostenute da Padre Alex Zanotelli, e anche da Beppe Grillo, per liberalizzare e non privatizzare sempre di più risorse così importanti e vitali per le popolazioni di tutto il mondo e di tutti i continenti.
Soffriremo fino a domenica poi l’acqua tornerà, ma dove non tornerà mai se i governi di quei paesi non si attiveranno per cercarla e difenderla dandola a tutti, è nei lontani paesi dove è a lungo vissuto Alex Zanottelli, i paesi dell’Africa, che rispondono ai nomi tristemente famosi del Darfur, Somalia, e altri luoghi simili, dove le classi dirigenti vivono di rendita parassitaria.
Lì l’acqua è la vita, la sopravvivenza nuda e cruda; spesso essa dista dai villaggi di quelle lontane popolazioni diversi chilometri, e il lavoro più duro di raccolta spetta alle donne e ai bambini.
Il mondo occidentale sta a guardare, mentre i governanti locali impigliati nei loro interessi burocratici nulla fanno a riguardo, o fanno troppo poco, e la grande cooperazione internazionale dovrebbe percorrere meno la via degli aiuti sotto forma di derrate alimentari e scorte che come la cronaca insegna, finiscono per accaparrarsi i soliti furfanti, e incentivare e diffondere, fornendo gli aiuti tecnici, la cultura della ricerca in proprio e della gestione delle risorse per essere autosufficienti.
Dare ai contadini le sementi e gli attrezzi agricoli per coltivare il campo con il quale nutrire e provvedere alla propria famiglia, fornire indicazioni per come captare l’acqua delle sorgenti, incanalarla e renderla disponibile a tutti anche per gli usi agricoli.
Ma non c’è peggior sordo di chi non voglia sentire, e così tutto resta com’è, e i passi avanti sono sempre più lenti e la penuria e la siccità devasta intere popolazioni ridotte allo stremo.
E’ ora di capovolgere l’andazzo, il mondo occidentale e le grandi potenze mondiali potrebbero con un solo granello dei loro investimenti in armamenti salvare intere regioni del pianeta, alleviare le sofferenze di tanti, soprattutto di bambini, donne, vecchi e malati.
Capitolo a parte per i medicinali che quelle popolazioni vedono o assumono di rado, e grazie quasi sempre a missionari italiani e di altri paesi, e all’opera meritoria della Croce Rossa Internazionale, che è da sempre sui territori il presidio per eccellenza.
Mentre sui fronti di guerra lo è Emergency, e la sua figura carismatica che è Gino Strada, senza nulla togliere a tanti altri volontari, medici soprattutto e personale infermieristico specializzato, che prestano la loro opera in condizioni proibitive senza alcun lucro, ma solo perché sentono il prossimo. Quel prossimo di cui si narra nei comandamenti, laddove dice “ Ama il prossimo tuo come te stesso “.
Le grandi case farmaceutiche poi non hanno interesse a investire in ricerche per patologie tipiche di quelle aree depresse, e così non ci sono alternative se non affidarsi a rimedi popolari oppure a medicinali collaterali o di comparaggio.
Sono in vena di cattiverie, mi spingo a pensare che il massiccio interessamento di tanti nazioni in questi anni per debellare il flagello dell’AIDS, in ultima analisi è stato possibile perché la peste moderna ormai minacciava troppo da vicino il mondo occidentale, per poterlo ignorare.
Susan Sontag, saggista americana scomparsa da qualche anno, in un suo testo molto importante dal titolo “ Malattia come metafora “ segnalava come il malato da sempre storicamente e fino ai giorni nostri, portasse addosso la croce di una duplice sofferenza; quella del male vero e proprio e quello della sua configurazione quasi diabolica, da appestati moderni da evitare, da scansare ( vedi in passato la peste, e nel mondo moderno l’aids ).
Sono partito con l’acqua che ci ha guastato alcuni giorni e poi sono scivolato su chi l’acqua l’insegue come un miraggio, e su che cosa si potrebbe fare per fargliela arrivare.
Poi è stata la volta delle grandi epidemie, delle tante malattie che affliggono tanti popoli della terra, a cui spesso quando possiamo inviamo un piccolo contributo in denaro, tramite bollettini di conto corrente postale che organizzazioni umanitarie ci fanno arrivare in busta al nostro indirizzo.
E i fronti di guerra, che anziché diminuire sembrano aumentare sempre di più; quasi ogni giorno in un angolo sperduto del mappamondo si accende una contesa, tra popoli vicini, ma di etnie diverse, spesso fanno a gara a chi è più povero, e non per questo rinunciano all’uso di armi micidiali, oppure di terribili mine ( anche l’Italia si è distinta come produttrice ) che tra tutti gli strumenti di morte e di offesa, è quella più abominevole, perché non la puoi scansare, non lo sai dov’è stata interrata, e così un giorno, tra tanti giorni, chi la calpesterà soprattutto bambini ignari, avrà un arto che volerà via. Si calcola che sui fronti di guerra, anche dove ora regna la pace, un numero imprecisato, ma altissimo di questi ordigni dorme in silenzio nel terreno, e le operazioni di sminamento, molto costose vanno avanti con molta fatica.
Dopo la seconda guerra mondiale, sembrava che nulla più dovesse o potesse accadere, troppo grandi erano state le sofferenze e il dolore di intere nazioni, per poter consapevolmente pensare all’idea di guerra.
Ora si accendono invece tanti piccoli conflitti locali, o circoscritti a regioni anche importanti e molto estese della terra, che a ben guardare non sono poi così piccoli, e che mietono tante vittime.
C’è in giro per il mondo un delirio collettivo che alcune nazioni alimentano consapevolmente, per trarne benefici di varia natura, soprattutto sfruttamento di risorse e per la corsa frenetica all’oro nero.
Aveva ragione qualche anno fa Giorgio Bocca, a titolare profeticamente un suo testo “ Fermate il mondo, voglio scendere “.
La giostra gira sempre più veloce, e mi è venuta l’emicrania, perciò qui mi fermo.