
Curata da Norman Rosenthal, il piu’ noto studioso dell’artista, e corredata da un ottimo catalogo edito dall’Electa, la rassegna si apre agli occhi dei visitatori con le opere degli anni sessanta, segnate e rimarcate da profondo smarrimento; Baseltz è da poco fuggito all’Ovest, dopo essersi reso conto che il realismo socialista su cui in buona parte si era formato, non era piu’ attuale, mentre l’arte di frontiera era rappresentata da quella astratto/informale.
Ma contrario ad ogni conformismo non sceglie in nessuna delle due direzioni, mentre dà vita ad uno stile personale che sconvolge la percezione visiva, mette a soqquadro la statica dei corpi che emergono a fatica dalla densa materia cromatica, indistinta e magmatica.
I corpi sono così deformati che si stenta a chiamarli corpi, la forza del gesto pittorico è enorme, la materia copre ed evidenzia tracce di sagome umane.
C’è dolore, ferita mai rimarginata che è comune nel dopoguerra tedesco e europeo a molti, anche un altro futuro grande - Anselm Kiefer - si interroga su queste ineludibili questioni che determineranno la sua arte; Baseltz conserva sempre la figura umana al centro della sua potente investigazione, anche se ne scardina le coordinate tradizionali, dopo che ha attinto dalla conoscenza della pittura dei malati di mente, che gli hanno offerto la possibilità di vedere in qualche maniera ciò che accade “ dietro quella porta “ direbbe Jabés.
Riflette molto sulla pittura Manierista italiana durante un suo lungo soggiorno nel
I suoi dipinti piu’ famosi ( i quadri capovolti ) che fanno seguito al “ ciclo degli eroi “ e alle tele dove i soggetti appaiono frantumati e alla deriva, non sono frutto di un capriccio; dipingere i soggetti a testa in giu’ diventa l’adozione di un modulo prospettico nuovo, che contrasta con le leggi della fisica, che mette in evidenza la precarietà e l’instabilità del mondo, dove l’uomo gli appare “ messo a soqquadro “ agito da forze della storia possenti a cui tenta di ribellarsi.
Dal 2005 torna sui temi trattati nel corso delle creazioni precedenti, nascono “ I Remix “.
In mostra anche alcune sculture, figure tozze, primitive, scolpite e abbozzate grossolanamente nel legno, a tratti vergate di segni colorati, che restituiscono l’atmosfera tribale, primeva, da cui provengono, e una serie di bellissime chine, dal gesto vorticoso, impulsivo, ma adagiate senza tremori sulla carta.